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Dagli artigiani un alert per il governo

In 10 anni sparite 325mila partite Iva di piccoli professionisti (-17%)

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Stavolta a lanciare l'allarme è la Cgia di Mestre, che in una sua ricerca ha sottolineato come in dieci anni dal 2012 al 2022 il numero degli artigiani sia crollato. Oggi sono ben 325 mila in meno, il che rappresenta un calo complessivo del 17,4%. In termini assoluti le perdite maggiori si sono registrate nelle province di Torino (18 mila), Milano (16 mila), Verona (9 mila), Brescia (9 mila) e Bergamo (8 mila).

È normale che a lamentarsi sia in particolare un'associazione di categoria, ma in realtà è l'intera società che dovrebbe seriamente preoccuparsi, dato che dietro ai freddi numeri c'è un'economia produttiva che, in Italia, da anni si trova in un vicolo cieco. Tanto più che nella vasta area dell'artigianato compaiono attività certo declinanti come quelle dei corniciai e dei tappezzieri, dei calzolai e degli orologiai, ma anche figure cruciali nell'edilizia e in altri ambiti: dagli elettricisti agli idraulici, dai fabbri ai falegnami.

Tra le molte letture che si possono dare del dato una delle principali è che siamo di fronte a uno dei tanti sintomi di un'Italia che non cresce. Per giunta, quello degli artigiani è uno dei settori più orientati al privato e al mercato: il fatto che questa parte della società si ridimensioni anno dopo anno non è per nulla positivo: tanto più che il dato della Cgia sulla moria delle attività artigiane è in linea con le indicazioni che riguardano l'insieme delle imprese private. Avanti di questo passo, in Italia avremo lo Stato e ben poco altro.

Ovviamente la fotografia scattata dalla Cgia per descrivere il mondo artigiano presenta luci e ombre. Vi sono senza dubbio alcuni settori in espansione: dagli acconciatori agli estetisti, dai video-maker agli esperti in social media. Queste nuove attività, però, non bastano a compensare le chiusure nei settori tradizionali, e se in qualche caso le imprese artigiani diminuiscono per l'imporsi di processi di produzione e stili di consumo che possono rendere più razionale, per esempio, comprare un nuovo paia di scarpe invece che aggiustare le vecchie, in altre circostanze non è così. È poi indubbio che talvolta il consumatore preferisca orientarsi verso imprese di grandi dimensioni, che sfruttano le economie di scala. Questo però non spiega tutto: anche perché il gigantismo spesso comporta in negativo alti costi organizzativi interni e burocratizzazione.

Lo studio afferma non solo che i giovani sono sempre meno interessati a lavorare nell'artigianato, ma che anche chi ha esercitato la professione per tanti anni e non ha ancora raggiunto l'età anagrafica, o maturato gli anni di contribuzione per beneficiare della pensione, spesso preferisce chiudere la partita Iva e continuare a rimanere nel mercato del lavoro come dipendente». L'obiettivo, allora, è avere più sicurezze e meno preoccupazioni.

Se in Italia il numero degli artigiani cala, quindi, è perché chi è nel mondo del lavoro (giovane oppure no) è sempre meno interessato ad aprire una partita Iva. Se ai rischi di ogni attività di mercato si aggiungono imposte crescenti e un sistema regolatorio oppressivo, è razionale che gli idraulici siano meno che dieci anni fa.

Un governo responsabile, allora, deve risalire alle origini del problema e iniziare a voltare pagina.

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