O è un grande attore, oppure Evgeny Prigozhin è davvero furioso coi vertici militari russi. L'ultima sceneggiata dell'inquietante capo della Brigata Wagner davanti ai cadaveri dei «suoi ragazzi» uccisi dagli ucraini a Bakhmut, con annessa minaccia di ritiro il giorno dopo la sacra data del 9 maggio, è una pessima notizia per Vladimir Putin. Perché sembra segnalare una rottura finale con il Cremlino da parte dell'uomo che, per anni negandolo e da qualche mese ostentandolo, ha fornito in Medio Oriente, in Africa e poi in Ucraina un braccio armato non ufficiale la cui importanza è andata crescendo man mano che si palesava il colossale bluff dell'invincibilità degli eredi dell'Armata Rossa.
Prigozhin strilla, minaccia, pretende di vedersi riconosciuto un ruolo che potrebbe diventare presto politico. E lo dimostra, paradossalmente, vestendo i panni del moderato quando ridicolizza i falchi che pretendono da Putin l'autorizzazione a reagire al presunto blitz ucraino sul Cremlino utilizzando le famigerate atomiche tattiche. Al suo confronto, lo speaker della Duma Viaceslav Volodyn e il consigliere militare Dmitry Rogozin, pronti a giocarsi l'arma proibita, sembrano i veri pazzi radicali.
Ma il vero problema di Putin in questi giorni ha un altro volto. È quello di Gennady Timchenko, un uomo che fin dai primissimi anni pietroburghesi contribuì in modo decisivo alla costruzione della cleptocrazia putiniana, restituendo con generosi interessi ai «siloviki» orfani del Kgb il potere e la ricchezza che Boris Eltsin aveva loro sottratto. Il signore del petrolio Timchenko ha sempre tenuto un profilo molto basso, ma il suo ruolo nel sistema di potere di Putin non è passato inosservato e gli è costato pesanti sanzioni europee. Adesso, proprio alla vigilia di un passaggio chiave del conflitto in Ucraina, cerca di divincolarsi da quella morsa. Conoscere bene Putin, ha detto, non significa esser d'accordo con lui sulla guerra.
Una mossa che potrebbe costargli molto cara: la reazione del dittatore a questo atto di infedeltà ci aiuterà a capire se il suo controllo sugli oligarchi che gli devono tutto, ma che ora temono il collasso del regime, è ancora ferreo o se si sta allentando.
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