Il controesodo verso Forza Italia è ormai iniziato. Nonostante la stagione estiva sia ancora lontana, il traffico è intenso e si stanno formando discrete file ai caselli. La conferma arriva sia dai dirigenti azzurri di Camera e Senato, sia dai quadri locali: tanti parlamentari eletti con le liste del Pdl nel 2013 tentano il rientro nelle file berlusconiane e lo stesso avviene sul territorio, laddove si profilano elezioni amministrative.
Le località di provenienza? Abboccamenti e richieste arrivano da un po' tutti i partiti di area, sia da quelli che si sono spostati nel centrosinistra appoggiando il governo Renzi, ovvero Ncd e il gruppo Ala di Denis Verdini, sia da coloro che si sono sempre schierati convintamente contro ogni ipotesi di collaborazione con il segretario del Pd. D'altra parte i tempi della terra promessa del Partito della Nazione sono ormai lontani, lontanissimi. Lo scenario della politica in pochi mesi, con lo schiaffo del «No» al referendum, si è ribaltato e la prospettiva di candidature offerte ad esterni in un nuovo contenitore a trazione renziana è ormai inesistente.
Il ragionamento che si va diffondendo tra i nostalgici della casa madre azzurra è semplice. Forza Italia con le leggi elettorali attuali (Italicum «corretto» alla Camera e Consultellum al Senato) avrebbe una base pressoché certa del 13%, al netto del «fattore Berlusconi» in campagna elettorale, ovvero la capacità di recupero del consenso che il Cavaliere ha sempre dimostrato. Con questi numeri il partito di Piazza San Lorenzo in Lucina prenderebbe 85-90 deputati a fronte dei 50 attuali, quindi ci sarebbero una quarantina di seggi da assegnare. Senza contare la possibilità di mettersi al sicuro dallo spettro della soglia di sbarramento.
Naturalmente non sarà facile regolare il traffico e stabilire criteri univoci di selezione all'ingresso. I forzisti che sono rimasti fedeli a Berlusconi per tutta la legislatura e non hanno ceduto alle varie tentazioni politiche e governative rivendicano il loro percorso e intendono difendere il loro perimetro e la loro coerenza. L'elemento più evidente è comunque che nel centrodestra si è innestata una dinamica di ricomposizione. «È in corso un rimescolamento delle carte politiche e un riavvicinamento tra tante componenti e questo a fronte della frammentazione del Pd e del centrosinistra» spiega il presidente dei senatori azzurri, Paolo Romani. «Naturalmente vanno definite le regole, ma non va persa l'occasione per il dialogo. Ci sono colloqui in corso e stiamo ragionando su un coordinamento tra i vari gruppi parlamentari che si potrebbe chiamare Federazione per la Libertà e potrebbe produrre una proposta unica sulla legge elettorale». Un gruppo allargato che - a quanto si apprende - potrebbe mettere insieme 70-80 senatori. Resta da definire il criterio per il passaggio successivo: quello dell'eventuale ricandidatura nelle liste di Forza Italia.
Il discrimine, spiegano, potrebbe essere l'atteggiamento tenuto sul referendum. Chi si è schierato per il «No» e si è preso dei rischi potrebbe ottenere il nullaosta. Semaforo rosso, invece, per chi fino all'ultimo è rimasto sul carro renziano.
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