Cronaca internazionale

Il Dalai Lama nella bufera per le effusioni con un bimbo

La Guida Spirituale costretta a scusarsi dopo un video virale. Al piccolo ha chiesto: "Succhiami la lingua"

Il Dalai Lama nella bufera per le effusioni con un bimbo

«Inaccettabile», «disgustoso», «vecchio pedofilo», «deve andare in carcere». Il mito del Dalai Lama crolla sotto il peso di un video che ha fatto il giro del mondo, via social network, e ha sconcertato centinaia di migliaia di persone da ogni angolo del pianeta, tanto da aver costretto la guida spirituale del buddhismo tibetano, oggi incarnata da Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama, a scusarsi dai profili attivi su tutte le piattaforme, da Facebook a Twitter a Instagram.

La scena incriminata risale al 28 febbraio e si è svolta a Dharamshala, la città nel nord dell'India sede della residenza del Dalai Lama, che oggi ha 87 anni e vive qui, da rifugiato, dall'esilio del 1959. Un bimbo si avvicina al premio Nobel per la pace e gli chiede se può abbracciarlo. La circostanza è un evento nell'ambito di un'iniziativa di tipo umanitario, al quale hanno partecipato circa 120 studenti. Alla richiesta del bimbo di essere abbracciato, il leader spirituale risponde chiamandolo sul palco e indicandogli la guancia: «Prima qui», dice, invitandolo a baciarlo sul volto. Dopo il primo bacio, il Dalai Lama aggiunge: «Penso anche qui» e indica le labbra, avvicinando verso di sé il mento del piccolo. Consumato il primo bacio sulle labbra, ecco la scena e le parole che hanno inorridito mezzo mondo: il Dalai Lama tira fuori la lingua e lancia l'invito al ragazzino: «Succhiami la lingua». Seguono risate, applausi e ancora effusioni.

Qualcuno ricorda l'antica tradizione di tirar fuori la lingua, un modo di salutare che in Tibet risale al IX secolo, a quando per dimostrare di non essere l'impopolare re Lang Darma, noto per la sua lingua nera e che si considerava rinato, le persone esibivano le loro lingue. Il saluto, nel tempo, è diventato una forma di rispetto. Ma il mondo ha interpretato lo scambio tra i Dalai Lama e il ragazzino all'opposto. «Questo video non ha certamente nulla a che fare con alcuna espressione culturale e, anche se lo avesse, tali espressioni culturali non sono accettabili», ha commentato Haq, gruppo per i diritti dell'infanzia con sede a Delhi.

Tanto è bastato per scatenare un putiferio lungo sei settimane, dopo le quali sono arrivate, attraverso il profilo della Guida Spirituale del Tibet, in un messaggio scritto in terza persona invece che in prima, le scuse «al ragazzo, alla sua famiglia, così come ai suoi molti amici nel mondo per il dolore che le sue parole possono aver causato», la precisazione che il Dalai Lama è «pentito» dell'incidente, ma anche che «Sua Santità spesso prende in giro le persone che incontra in modo innocente e scherzoso, anche in pubblico e davanti alle telecamere».

Ma la toppa sembra peggio del buco, perché nella ricostruzione si parla semplicemente della richiesta di un abbraccio da parte del Dalai Lama e di nient'altro. Invece che placare la polemica, la amplifica. «È un demonio», scrive qualcuno, ricordando la storia di «una teocrazia in cui il 95% della popolazione era schiava» e le punizioni più comuni erano il taglio delle gambe e delle mani. Qualcun altro pubblica la lettera in cui il XIII Dalai Lama, per festeggiare il compleanno, chiedeva intestini umani, pelli, teschi e sangue. C'è chi la butta in politica: «Ha accusato Trump di mancare di principi morali e ora guardatelo». E c'è chi ricorda lo scandalo #MeTooGuru, sugli abusi praticati dai vertici religiosi, compresi i monaci buddhisti. «Il Dalai Lama ha ammesso di sapere delle violenze sui bambini dagli anni '90, come ha scritto il giornale colombiano El Espectador, ma si è limitato a un generico appello all'autodisciplina».

Quanto ai precedenti imbarazzanti, il leader tibetano non è alla prima gaffe. Nel 2019 dovette scusarsi per aver detto che, se a succedergli fosse stata una donna, «avrebbe dovuto essere più attraente». L'anno prima, a proposito dei rifugiati africani nel vecchio continente, ha spiegato che «sarebbe meglio mantenere l'Europa per gli europei». Quanto ai bambini, un mese fa ha riconosciuto un mongolo di 8 anni, nato negli Stati Uniti, tra i reincarnati. Il riconoscimento non è necessariamente la designazione alla sua successione, che il Dalai Lama ha detto avverrà quando lui compirà 90 anni. Ma è chiaro che la battaglia si è aperta.

E da ieri potrebbe esserci sempre più fretta di voltare pagina.

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