Amore e odio. Quiete e tempesta. Rottamazione e conservazione. Libri e interviste. Nel lungo rapporto tra Matteo Renzi e Massimo D'Alema c'è questo e molto altro. E soprattutto ci sono dettagli che si ripetono ciclicamente come un eterno déjà vu.
Ieri, durante la festa dell'Unità a Catania, si è consumata l'ennesima rottura. "Il presidente del Consiglio emerito è venuto qui per parlare di politica estera e ha parlato di riforme. Voleva essere simpatico e non gli è riuscito, qualche volta capita: ha detto che la segreteria del Pd vieta di leggere i libri. Ma io nel 1995 mi stavo laureando quando ho letto un libro: Massimo D'Alema, "Un paese normale". Ve lo consiglio perché in realtà è scritto da Velardi e Cuperlo che scrivono molto bene, D'Alema ci ha messo solo la firma", ha tuonato Renzi. Che poi ha rincarato la dose: "Questa è la riforma della nostra storia, del nostro passato. E siccome quelli come D'Alema sono talmente esperti di passato che vorrebbero fregarci il futuro, continuando tutti i giorni con risse e polemiche, noi diciamo che questa riforma è la riforma del Pd, come lo era quella dell'Ulivo".
Già, il passato. Che ritorna. E i giudizi che cambiano. Anche nel 2014 fu un libro a fare da contorno alla liaison tra i due. In occasione della presentazione del libro dell'ex premier ''Non solo euro'', D'Alema espresse parole positive nei confronti del capo del governo tanto da regalargli la maglia del capitano della Roma, Francesco Totti. Renzi accettò col sorriso e non avanzò alcun dubbio sulla paternità dell'opera letteraria. Dal canto suo D'Alema sentenziò: "Insieme cambieremo l'Europa, facciamo parte della stessa squadra".
Ma per capire le montagne russe del rapporto tra i due bisogna partire da lontano e da una parola: rottamazione. Quella sbandierata in pompa pagna da Renzi. "È sufficiente che un giovanotto dica che voglia cacciarci a calci in culo, che subito gli vengono concesse paginate e interviste”.
Era il 16 settembre 2010 quando Massimo D'Alema apostrofava così il democratico fiorentino. Da allora fino a oggi, l'ex presidente del Copasir ha indossato i doppi panni del Dottor Jackill e di Mr Hide, alternando complimenti e stilettate financo sciorinando dichiarazioni condite contemporaneamente da carote e bastoni (arte sulla quale D'Alema è imbattibile).
A novembre 2010 dichiara: “Renzi innanzitutto è il futuro di Firenze, una delle città più importanti del mondo. Dopodiché, legittimamente, nel tempo libero che ha, lancia delle idee”. E ancora: “Io non ho posti, se non alla fondazione culturale che ho fondato io insieme a Giuliano Amato e difficilmente Renzi potrebbe venire qui a prendermi questo posto. È un luogo di cultura, dove si parla di libri, uno non se la può cavare con delle battute. Ma lo invito volentieri, non c'è nessun catenaccio nei suoi confronti”. I libri ritornano sempre.
Peccato che, rimanendo in tema di libri, non passano nemmeno tre mesi e D'Alema annuncia sorridendo: “Non ho ancora letto il libro di Matteo ma lo leggerò senza dubbio. È un ragazzo giovane e brillante...". Nell'autunno dello stesso 2011 l'ex premier continua a dispensare complimenti: “È brillante, bravo. Nel Pd abbiamo molti giovani bravi, davvero parecchi, con rilevanti responsabilità e grandi ambizioni”. L'idiosincrasia renziana pare sotterrata. E invece no. Trascorre un mese e l'ex premier torna a sparare a zero: “Non ho mai polemizzato con lui e non intendo farlo. Non ritengo sia questo grandissimo problema di cui discutere. È il sindaco di Firenze, il resto è un fenomeno mediatico creato da voi”. Bravo, intelligente, brillante. Ma anche inaffidabile, incapace, divisivo, ingrato. Renzi sì, ma anche no. Nel luglio 2012 D'Alema torna a tuonare: “La rottamazione è l'unica idea che abbia prodotto fino all'ossessione, a casa mia non è venuto perché non è elegante come quella di Arcore”. A settembre dello stesso anno rincarca la dose: “Renzi non mi sembra in grado di guidare il paese. Se vince lui, non c'è più il centrosinistra, lui ha detto che vuole allearsi con il popolo, sono frasi non nuove...poi è andata a finire malissimo”.
E ancora: “Sono uno dei pochi che la sua sedia l'ha messa in gioco seriamente, è Renzi che appartiene alla nomenklatura fin da piccolo, ogni giorno ascolto i suoi insulti e ho solo la preoccupazione che le primarie diventino rissa”. Fino ad arrivare alla famosa minaccia raccontata dalla Stampa: “Ho deciso di restare, Renzi si farà male”. Passa un mese e D'Alema fa dietrofront: “Mai polemizzato con Renzi, io non attacco nessuno, è lui che reiteratamente conduce polemiche personali. Non ho fatto interviste, non ho fatto polemiche, subisco questa situazione”. Peccato che pochi giorni dopo - siamo nell'ottobre 2012 - D'Alema imbracci nuovamente il fucile: “Se uno mi dice aiutami a rinnovare, io lo aiuto. Se uno dice ti voglio distruggere, cacciare, e altre frasi di questo genere, io gli dico provaci“. L'ennesimo armistizio viene firmato a dicembre, all'indomani della vittoria di Bersani alle primarie. Il furente D'Alema si fa docile e quasi paternalistico: “Renzi ha avuto un grande successo che spero capitalizzi. Un concenso fondamentale per andare alle elezioni perché non so quanti dei suoi consensi sono del Pd e quindi è molto importante che mobiliti questo patrimonio verso le elezioni. È una delle maggiori personalità del Pd e ha rappresentato un'istanza di rinnovamento, è una risorsa”.
Anno nuovo, stessa solfa. “Matteo si sta comportando molto bene, come accade nella vecchia scuola della politica. Apprezzo la sua stoffa di leader soprattutto dopo la sua battaglia politica”. Pensiero immutato fino all'estate 2013 quando D'Alema torna caustico: “'Io non sono più in Parlamento: questa è l'unica vittoria che ha avuto Renzi. Dice tante cose, io gli voglio bene. È un talento grande ma, come ho letto oggi su un quotidiano, bisogna salvarlo da se stesso: parla troppo, dichiara su ogni cosa". A settembre i complimenti al vetriolo si sprecano: "Renzi è molto maturato ultimamente ma sta facendo una campagna congressuale come se stesse in campagna elettorale. Non ho sentito dire nulla su come vuole gestire una segreteria perché non ha idea di come si gestisce un partito. Rischia di logorarsi cosi". Poi un altro attacco: "Non mi pare che al successo mediatico di Renzi corrisponda una straordinaria ricchezza e novità di contenuti. Mi ricorda un po’ quella pubblicità con Virna Lisi, “con quella bocca può dire ciò che vuole””.
Anche Renzi però spesso non gliele ha mandate a dire. Come nel 2015: "D’Alema ha utilizzato un lessico che non mi appartiene. Espressioni che stanno bene in bocca a una vecchia gloria del wrestling, più che a un ex primo ministro. Credo fosse arrabbiato per Roma-Fiorentina: ha capito che il vero giglio magico è sceso in campo all’Olimpico… Compito del Pd è cambiare l’Italia, sia che D’Alema voglia, sia che D’Alema non voglia. E noi lo faremo".
Gli scontri si susseguono continuamente.
E prima di arrivare all'ultimo ce ne sono stati altri, tra cui, solo per citarne alcuni, quello sulle vicende Telecom, su Etruria, sul referendum e sul presunto appoggio di D'Alema alla Raggi. Ora c'è da scommettere che di scontri, tra i "compagni" di litigi, ne arriveranno altri.
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