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"D'Alema ebbe un incarico? Da chi? Quella fornitura di armi va chiarita"

Il senatore di Fi Gasparri chiede di sentire in Commissione l'ad di Leonardo

"D'Alema ebbe un incarico? Da chi? Quella fornitura di armi va chiarita"

«La faccenda non finisce qui», dice Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia e membro della commissione Difesa. Che davanti alla incredibile storia della fornitura di mezzi da guerra per quattro miliardi di euro da Fincantieri e Leonardo alla Colombia, dove un mese fa è apparso come mediatore l'ex segretario del Pds Massimo D'Alema, va dritto al nocciolo della questione: «Io voglio capire cosa è diventata in questi anni Leonardo. Se siamo davanti ad una azienda strategica di Stato o a una sezione staccata del Pds o come si chiama adesso del Pd. Perché a volte l'impressione è quella. Non c'è solo l'amministratore delegato Alessandro Profumo che si vantava di partecipare alle primarie del Partito democratico. Ci sono una serie di intrecci, una familiarità con la sinistra italiana in cui a questo punto bisogna vedere chiaro».

E questo, scusi, cosa c'entra con la fornitura alla Colombia?

«C'entra parecchio. Perché voglio capire se e in che modo Massimo D'Alema si è fatto forte di questi intrecci, di questa contiguità, nei suoi rapporti con gli interlocutori colombiani. Vede, D'Alema oggi è un privato cittadino che ha il diritto di scegliersi il suo mestiere. Se nella sua nuova vita mette a frutto i rapporti che ha allacciato e la fama acquisita in Italia e all'estero nella sua carriera politica, è libero di farlo. Gerard Schroeder, che è stato il cancelliere tedesco, oggi lavora per Gazprom: la cosa in Germania fa discutere, ma nessuno può impedire a Schroeder di essere a libro paga dei russi. Lo stesso vale per D'Alema. A condizione che si operi con trasparenza, sia da parte di D'Alema che da parte di Leonardo».

Leonardo dice di non avere mai dato alcun incarico a D'Alema.

«Io cosa abbia fatto esattamente Leonardo ancora non l'ho capito, e non l'ha capito neppure il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè, grazie al quale questa vicenda è venuta alla luce. Per questo ho già chiesto alla presidente della commissione Difesa del Senato, Roberta Pinotti, di convocare per una audizione il dottor Profumo, e mercoledì formalizzerò questa richiesta in commissione. E assicuro che non sarà una audizione-vetrina come quelle che sono state fatte in passato».

Leonardo è una azienda strategica per il paese, è normale che si muova sugli scenari internazionali. E lì la concorrenza è spietata.

«Non è assolutamente questo a essere in discussione. Ma qua è successo qualcosa di strano, di cui oltre alle dichiarazioni di Mulè sappiamo solo quanto sta uscendo sui giornali. Non possiamo fare finta di niente. Perché Leonardo ha diritto di fare business ma esistono anche delle regole da rispettare. Chi ha dato incarico a chi, nell'affare colombiano? Tutto è possibile, in giro il mondo è pieno di millantatori, c'è gente che dice di agire per conto di tizio e caio che invece non ne sanno niente. Non credo che possiamo convocare per una audizione D'Alema o i militari colombiani, ma altre audizioni, oltre a quella di Profumo, le possiamo e le dobbiamo fare. Bisogna assolutamente capire chi ha parlato e a nome di chi. Ho sentito a Striscia la notizia l'audio di D'Alema che parla di ottanta milioni in ballo. Possiamo girarci dall'altra parte?»

Ieri, peraltro, la Verità ha rivelato che l'8 febbraio si è tenuta una call cui erano presenti D'Alema, Profumo e il direttore di Fincantieri Giuseppe Giordo, dovevano esserci anche i colombiani ma non si sono presentati. Come fa Leonardo a continuare a dire di non sapere nulla delle manovre di D'Alema?

«Sono risposte che può darci solo Profumo, e per questo credo che la audizione vada disposta con urgenza.

Cosa ha fatto e detto D'Alema, quali contatti e aderenze ha vantato? Ci sono stati intrecci impropri? Alessandro Profumo ne sa qualcosa? A questo punto io voglio davvero capire se una azienda strategica è diventata una sezione di partito».

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