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Dalle belve ai neutrini. L'eterno Gran Sasso è l'ombelico d'Italia

I primitivi cacciavano i leopardi, nel 1943 le SS liberarono Mussolini con gli alianti

Dalle belve ai neutrini. L'eterno Gran Sasso è l'ombelico d'Italia

È una montagna bambina, il gruppo del Gran Sasso, con i suoi 6 milioni di anni; niente rispetto ai 55 dell'Himalaya, e anche parecchio più giovane delle Alpi. Spuntò piano piano in mezzo al mare, frutto di spinte e controspinte, e per milioni di anni rimase popolata soltanto da animali di ogni specie, quasi tutte scomparse. Lungo 50 chilometri, da Nord-Ovest a Sud-Est, e largo 15, i primi uomini quelli di Neanderthal - lo abitarono appena 100.000 anni fa, ormai congiunto alla terraferma. Il resto più antico di ragazzo di Neanderthal, un quattordicenne, ha 80.000 anni, e accanto a lui sono stati trovati resti di lupi, leopardi, iene delle caverne, ma di certo cacciava camosci, cervi, caprioli. Provenienti da nord, i neandertaliani scomparvero intorno al 40.000 a.C. secondo una teoria recente a causa delle malattie portate dall'africano Homo Sapiens: noi.

Evolviti oggi, evolviti domani, per millenni uomini che già ci somigliavano molto affiancarono alla caccia l'agricoltura e più ancora la pastorizia. Il vasto altopiano di Campo Imperatore - nel centro del massiccio, a circa 1.800 metri - è ideale per greggi e mandrie, e lo fu sotto tutti i dominatori, in una vita che sembrava immutabile. L'antica popolazione dei vestini controllò il territorio fino al IV secolo a. C. e ci ha lasciato il superbo Guerriero di Capestrano, oggi al museo archeologico di Chieti.

I romani che vinsero i vestini chiamavano il Gran Sasso Fiscellus Mons, Monte Ombelico, per la sua posizione, e il nome attuale si è affermato soltanto nel Settecento. Disgregato l'impero, dopo il 1000 furono i normanni a riunificare il sud dell'Italia, e a aprire i tratturi che permettevano di portare le bestie a svernare nel Tavoliere delle Puglie. Dell'Abruzzo, in Europa, si conoscevano soprattutto le ceramiche di Castelli, ambite fin dal Cinquecento nelle corti del continente. L'intera area era ancora un'immensa foresta, per favorire il pascolo, iniziò un disboscamento selvaggio. La gente si arrangiava con quel che c'era: la neve veniva raccolta nelle vicinanze dei paesi (la «nera», di poco valore) e nelle vette («candida»), conservata in pozzi e utilizzata d'estate per produrre sorbetti e medicinali. Vi sembra una cosa arcaica? Il commercio durò fino a un secolo fa.

E, come in tutte le aree di montagna abitate, le disgrazie erano frequenti. Una, che ricorda tristemente quanto è capitato all'Hotel Rigopiano, è del 1569. Ne scrisse, poco dopo, Francesco De Marchi, ingegnere, speleologo e primo scalatore della vetta maggiore del Gran Sasso: «Diciotto uomini tornavano su per la montagna, e così si staccò una palla di nieve et gli affogò tutti».

La storia, però, ricorda soprattutto il 12 settembre 1943, quando i nazisti liberarono Mussolini da Campo Imperatore, per metterlo a capo di quella che sarebbe diventata la Repubblica sociale italiana. Scoppiò così la guerra civile, che probabilmente non ci sarebbe stata, senza la presenza del duce: ma, sostengono altri, i tedeschi avrebbero occupato l'Italia centrosettentrionale in modo ben più duro di come fecero avendo Mussolini alleato.

Di quell'episodio resta anche l'impressione tremenda della disorganizzazione italiana contrapposta all'efficienza tedesca. Il dittatore caduto era stato nascosto, in un albergo dall'inconfondibile stile fascista, con il proposito di consegnarlo agli angloamericani. Si riteneva che sarebbe stato impossibile prelevarlo da lì. I tedeschi scoprirono il nascondiglio e, sfidando le correnti ascensionali, con 10 alianti sorpresero gli italiani di guardia e portarono via il duce senza sparare un colpo. La vicenda, oggetto di interminate discussioni e dietrologie, viene ricostruita bene da Marco Patricelli in Liberate il Duce! La vera storia dell'Operazione Quercia (Hobby & Work).

È molto più gloriosa, in fondo, l'impresa del traforo del Gran Sasso, la più lunga galleria stradale a due canne d'Europa. I lavori, per collegare Roma all'Adriatico con l'A24, iniziarono nel 1968 e durarono 25 anni, con incidenti che costarono la vita a 11 persone. Il costo totale, dagli 80 miliardi previsti, arrivò quasi a 1.700. Però è un'opera necessaria, magnifica, e ha permesso anche la costruzione dei Laboratori nazionali del Gran Sasso, a 1000 metri di profondità sotto il massiccio. Inaugurati nel 1993, si dedicano allo studio della fisica delle particelle come i neutrini, e sono i più grandi laboratori sotterranei del mondo.

Il Gran Sasso dunque, da luogo ancestrale, è diventato un centro d'avanguardia nella più attuale delle ricerche, per scoprire i segreti dell'universo. Ma la montagna, che in questi giorni ha ucciso, ha una vita propria incontrollabile, come le sue viscere. Il 22 agosto 2006, dalla parete Nord-Est del Corno Grande, un normale processo erosivo provocò una frana immensa, fra i 20.000 e i 30.000 metri cubi, che se non fece vittime ne cambiò l'aspetto. Il Monte Ombelico non smette di essere bambino, crescere e mutare, indifferente ai piccoli Homo Sapiens che gli stanno intorno.

@GBGuerri

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