Politica

Dall'Europa alla leadership La partita doppia di Salvini

Oggi incontra i suoi eurodeputati sulle scelte Ue Alleati irritati per la firma come capo coalizione

Dall'Europa alla leadership La partita doppia di Salvini

L'addio dell'eurodeputato Andrea Caroppo alla Lega è il simbolo del bivio al quale si trova in Italia come in Europa Matteo Salvini, che oggi incontrerà a Roma insieme con il suo vice Giancarlo Giorgetti gli europarlamentari leghisti. Non solo perché i leghisti scendono a quota 28, superati in discesa dai 29 europarlamentari Cdu- Csu dell'invisa Angela Merkel.

L'ex leghista Caroppo, 41 anni, pugliese, ha abbandonato in dissenso con il disimpegno verso Raffaele Fitto, il candidato di area cattolica, ex di Forza Italia passato a Fdi di Giorgia Meloni, nel frattempo nominata presidente del gruppo europeo Conservatori e riformisti. Un segnale che tra i cattolici di destra si avverte malumore, unito ai sondaggi in discesa al 26% (la Lega resta comunque il primo partito d'Italia).

I vertici sono convinti che serva un'inversione di marcia meno di lotta e più di governo. Così il segretario ha firmato nei giorni scorsi un comunicato come leader del centrodestra, scatenando reazioni non felici da parte degli alleati. Il vicepresidente azzurro, Antonio Tajani, insiste: «Noi abbiamo il nostro leader, vedremo dopo le elezioni». Aggiunge sul filo dell'ironia: «Siamo ben contenti se Salvini si fa carico anche della coalizione, con una visione collegiale che dia maggior spazio agli alleati». Il leader leghista fa ribadire: «Salvini è leader del primo partito italiano e quindi del centrodestra: per temi ampiamente condivisi e popolari esprime posizioni che non sono soltanto della Lega». E il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, aggiunge: «Salvini è già il leader del centrodestra e si comporta da tale. Altrimenti ci spieghino perché abbiamo dovuto prendere il rischio dell'Emilia Romagna e della Toscana, se non come sacrificio in una logica di centrodestra. Anche Toti non sarebbe stato candidato in Liguria se non fosse stato per Salvini». Ma intanto la giornata si chiude con un comunicato sul no al Mes dalla firma solitaria: Matteo Salvini, leader della Lega.

Lui va per i monti intonando «Signore delle cime» e posta immagini del neo beato Carlo Acutis, che da Assisi ha commosso il mondo. Ma al di là della religiosità personale più o meno ostentata, resta il problema politico che il suo vice e responsabile Esteri, Giancarlo Giorgetti, pone da tempo: è necessario dialogare con il Ppe e impossibile essere credibili con una collocazione estremistica in Id. Come Giorgetti ha spiegato ai suoi: «Se devo parlare con la Germania, con il Ppe, con l'Europa, e in prospettiva pensare al governo, siamo sicuri che il legame con questo gruppo di cui fa parte anche la Le Pen ci renda credibili a essere ascoltati?».

Salvini sembra aver assimilato questo concetto, parlando di «svolta liberale», ma per lui non è facile liberarsi dei pesi politici che si porta dietro senza spaccare il partito. Sia Claudio Borghi che Alberto Bagnai, i suoi più cari spin doctor dell'antieuropeismo, spingono per mantenere intatta la linea dura e pura. Persino l'ex europarlamentare leghista Mario Borghezio, per dare l'idea, sostiene che l'alleanza con La Pen «ci rende irrilevanti».

La riunione di oggi sul posizionamento della Lega in Europa, già convocata da tempo, è segno che il tema è molto sentito. In politica mai dire mai, ma l'idea che la Lega possa entrare nel Ppe è una boutade. Antonio Tajani, vicepresidente del Ppe, spiega: «Loro non hanno mai chiesto di aderire né alcuno ha mai chiesto loro di aderire. È un problema che non esiste. Come Ppe noi dialoghiamo con i Conservatori della Meloni ma non con Id della Le Pen». Sia Salvini che Giorgetti hanno detto che non è all'ordine del giorno un ingresso nel Ppe. La vera scelta è se continuare in questo solco con Id e Le Pen in Europa o mollare gli estremismi e tentare di costruire un altro gruppo. Una specie di format euroleghista: la Lega da sola avrebbe anche i numeri (servono 25 europarlamentari), però i membri devono fare parte di almeno 7 Paesi europei.

Chiare anche le parole di Molinari: «È una discussione surreale quella di entrare nel Ppe. Verrebbe meno la nostra posizione critica. Bisogna avere rapporti con chi comanda, far capire che non siamo un partito di estrema destra e con diverse anime.

Ma non possiamo sostenere posizioni non nostre».

Commenti