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Dall'Europa alla rivoluzione liberale: così cambia la Lega

Mentre prosegue il progetto di Marcello Pera della "rivoluzione liberale" in casa Lega, Salvini e Giorgetti partiranno per un tour europeo con l'obiettivo di riposizionare il partito ma senza entrare nel Ppe

Dall'Europa alla rivoluzione liberale: così cambia la Lega

Grandi manovre in casa Lega dopo le elezioni regionali delle scorse settimane con il dibattito all’interno del Carroccio che diventa giorno dopo giorno più acceso in particolare sul posizionamento in Europa e sui temi al centro dell’agenda di politica interna. Dopo le parole di Claudio Borghi che ha stigmatizzato “la svolta moderata” sostenendo la Lega non debba assumere posizioni “democristiane” e in seguito al confronto privato tra Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini, la Lega passa alla fase due con le dichiarazioni del leader del Carroccio insieme allo stesso Giorgetti. Salvini ha annunciato un tour nelle capitali europee accompagnato dal responsabile Esteri per incontrare leader ed esponenti di governo dei partiti europei.

Se, come ha confermato lo stesso Salvini non è all’ordine del giorno l’ingresso della Lega nel Ppe, è necessario un avvicinamento alle forze di governo europee e la missione nasce con l’obiettivo di superare il cordone sanitario che si è cercato di costruire attorno alla Lega e al gruppo Identity and Democracy.

Particolamente interessanti le parole di Salvini: “Prendiamo atto che l’Europa sta cambiando come volevamo noi, la Banca centrale europea sta facendo finalmente quello che chiedevamo. Il Recovery Fund è completamente diverso dalla logica del Mese, noi seguiremo l’evoluzione e orgogliosamente rimaniamo quello che siamo”. Un importante risultato raggiunto a suo giudizio “grazie alle pressioni dei sovranisti” che hanno permesso all’Europa di cambiare lentamente.

La linea del segretario si accompagna a un posizionamento ben preciso in politica estera: “i nostri punti cardine sono la libertà, noi guardiamo a occidente, alle democrazie occidentali, agli Stati Uniti, a Israele, siamo alternativi al modello cinese e venezuelano”.

Le dichiarazioni di Salvini e Giorgetti testimoniano la sconfessione delle linee più antieuropee e nascono partendo dal presupposto che il covid rappresenta una cesura con il passato e la sensibilità della maggioranza degli italiani è radicalmente cambiata negli ultimi mesi. A proposito di euro, Giorgetti esprime una posizione di buon senso: “non eravamo per entrare nell’Euro, ma ora che siamo dentro uscire è complicato. Il nostro obiettivo è fare gli interessi nazionali in Europa” aggiungendo “Il mondo cambia e cambiamo anche noi. Ad esempio c’è una sensibilità ambientale, che non c’era anni fa”.

Non si tratta di una “svolta moderata” come alcuni vorrebbero far credere che rischierebbe di snaturare il partito ma un posizionamento in grado di parlare a quell’area del paese che ha smesso di votare per il centrodestra e, in particolare con i cambiamenti determinati dalla pandemia, cerca nuove risposte chiedendo un’offerta politica rassicurante sotto vari punti di vista. Diventa così centrale il concetto di libertà e non è un caso che, in parallelo a questo percorso, prosegua il lavoro di Marcello Pera e altri intellettuali per imprimere una “rivoluzione liberale” al partito come detto dallo stesso Salvini al “Corriere della Sera”.

Marcello Pera è il primo firmatario di un appello pubblicato oggi sulle colonne de “Il Foglio” contro la proposta di legge Zan intitolato “L’intolleranza nel nome della tolleranza produce violenza e discriminazione” che raccoglie la firma di numerosi intellettuali a testimonianza di un fermento culturale nel mondo liberale e conservatore con un distinguo importante: diritto di libertà non vuol dire relativismo.

La necessità di costruire una classe dirigente con l’aiuto del ceto intellettuale è suggerito da Giulio Sapelli a “Formiche” che, riferendosi alla Lega, afferma: “Sa di cosa avrebbe bisogno? Di una costituente politica che raduni tutti gli intellettuali conservatori. O mette in piedi un pantheon di pensatori, o continuerà a pestare l’acqua nel mortaio. La storia insegna. Senza De Gasperi non ci sarebbe stata la Dc, senza Sturzo il Ppi, senza Gramsci e Labriola il Pc e i socialisti”.

Una riflessione che porta a un parallelismo con il Movimento Cinque Stelle che si è autodistrutto non perché è arrivato al governo, quanto perché non è stato in grado di costruire una classe dirigente facendosi trovare pronto nel momento in cui ha governato. Governare e incidere nel paese deve essere l’obiettivo per cui lavorare, serve perciò un’offerta politica in grado di parlare ai milioni di elettori che determinano la vittoria o la sconfitta di un’area politica o dell’altra. Il prossimo anno si voterà a Roma, Milano, Torino, Napoli, i risultati alle regionali dimostrano la difficoltà del centrodestra di affermarsi nelle grandi città, perdere in questi centri rappresenterebbe un problema per la coalizione, in tal senso occorre recuperare il voto di chi ha smesso di votare per il centrodestra, l’opposizione perpetua non porta da nessuna parte.

Giancarlo Giorgetti lo ha capito e la scelta di Matteo Salvini di seguire una linea più istituzionale e di governo potrebbe rivelarsi la strada giusta da seguire per la Lega del futuro.

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