Si va verso una frattura in Europa sul tema scottante della crisi in Venezuela. Dopo che l'Alta rappresentante della politica estera dell'Ue Federica Mogherini aveva diffuso mercoledì una dichiarazione prudente che si limitava a esprimere sostegno al Parlamento di Caracas e a chiedere l'avvio di un processo verso libere elezioni, ieri le cancellerie di diversi Paesi hanno preso posizioni molto più nette a favore del campo democratico venezuelano. Soprattutto Spagna e Germania, ma anche il Regno Unito, pretendono, al termine di una riunione degli ambasciatori dei Ventotto, che da Bruxelles arrivi al dittatore Maduro una nuova dichiarazione comune nella quale si chieda in termini perentori di convocare rapidamente nuove elezioni in Venezuela. In mancanza di questo, Madrid, Berlino e Londra sono pronte a riconoscere Juan Guaidò come presidente.
«Vogliamo che siano convocate immediatamente delle elezioni ha detto una fonte diplomatica europea a Bruxelles e stiamo parlando di giorni, non di settimane». È soprattutto la Spagna del premier socialista Sanchez a pretendere «in tempi brevi» che «altre misure siano adottate» a livello europeo. Ma anche da Berlino arrivano messaggi molto chiari. Per il portavoce del governo Steffen Seibert, «le ultime elezioni non hanno rispettato gli standard democratici», e perciò Nicolàs Maduro non può pretendere di essere considerato il presidente legittimo del Venezuela. La Germania è dunque pronta a riconoscere «un ruolo particolare» all'Assemblea Nazionale guidata da Juan Guaidò, e quest'ultimo verrebbe pertanto automaticamente considerato a Berlino il nuovo capo di Stato.
La posizione francese è netta a parole, ma sembra di fatto più sfumata. Il ministro degli Esteri Le Drian ha inviato un «fermo appello» a Maduro affinchè «vieti ogni forma di repressione dell'opposizione e ogni uso di violenza contro manifestanti pacifici». Sottoposta a forti pressioni, la Commissione Europea però non si sbilancia: garantisce di considerare «non democratico e non indipendente» il voto che ha portato Maduro al potere e afferma che «sono in corso molti contatti tra Federica Mogherini, gli Stati membri dell'Ue e altri partner». La nostra delegazione a Caracas è attiva, assicura la portavoce di Juncker, e il dibattito tra i Ventotto prosegue.
Mentre l'Europa indurisce i toni, paradossalmente proprio in America il sostegno a Guaidò pare affievolirsi. Nonostante le pressioni del Segretario di Stato Usa Mike Pompeo, solo 16 dei 35 Paesi membri dell'Osa (l'Organizzazione degli Stati Americani) ha votato a favore di una mozione che esprimeva sostegno politico a Guaidò.
A far mancare la maggioranza, tra gli altri, i voti di Messico, Bolivia, Uruguay e Nicaragua. Così l'ambasciatore indicato da Guaidò non ha potuto insediarsi. Uno smacco per Trump e un successo per Maduro e i suoi alleati russi e cinesi.
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