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"Davigo imbarazzante, coltellate da Storari". E Greco si toglie i sassolini dalle scarpe

Il capo della Procura: "La magistratura è diventata sempre più corporativa"

"Davigo imbarazzante, coltellate da Storari". E Greco si toglie i sassolini dalle scarpe

Ultime lacerazioni da quello che fu il pool Mani Pulite. Stretto nell'angolo tra inchieste giudiziarie e procedimenti disciplinari, costretto dagli eventi a dire in qualche modo la sua, il procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco esce finalmente allo scoperto con una intervista in cui racconta la sua versione del «caso Amara», lo scontro frontale con il pm Paolo Storari sul caso dei verbali dello pseudopentito dell'Eni Piero Amara insabbiati per mesi e poi trapelati. Per rivendicare la propria correttezza Greco tira siluri a ripetizione contro l'ex collega Piercamillo Davigo, che per anni ha combattuto insieme a lui l'assalto a Tangentopoli. E che ora Greco indica invece come il vero beneficiario della diffusione dei verbali di Amara: «l'uscita era nell'interesse di Davigo che non si è preoccupato assolutamente della sorte del procedimento e quando ha lasciato il Csm quei verbali li ha abbandonati. Fatto imbarazzante».

Per raccontare la sua verità Greco si affida a una penna non ostile, Milena Gabanelli, sul Corriere della sera di ieri. Due intere pagine di intervista in cui evoca, dietro il «caso Amara» che ha portato a essere incriminati dalla Procura di Brescia ben quattro pm milanesi (lo stesso Greco, il suo vice Fabio De Pasquale, il collaboratore di questi Sergio Spadaro e l'incauto Storari) l'ombra di un complotto per delegittimare una «Procura simbolo» impegnata in inchieste sulla grande corruzione internazionale. Di questo complotto, a quanto pare di capire, Storari sarebbe stato secondo Greco una pedina - più o meno consapevole - al punto di avergli tirato «una coltellata alla schiena».

Come e quando si siano incrociati secondo Greco le «coltellate» di Storari e gli «interessi» di Davigo non è chiaro. Tra i pochi punti fermi della vicenda c'è che è Storari, sentendosi quasi mobbizzato, a chiedere l'aiuto di Davigo, ed è Davigo poi a convincerlo a passargli i verbali del «pentito». Ma perché i due si siano resi strumenti del «complotto» non è chiarissimo. E Greco non affronta nel merito, limitandosi a dire di «non averlo mai visto firmato», il documento sottoscritto da quasi tutti i suoi sostituti in difesa di Storari. L'impressione è che il Procuratore sia andato allo scontro con Storari non preoccupandosi di avere il sostegno della sua base, o dandolo per scontato. Tanto che davanti alla plateale sconfessione ricevuta con la lettera dei 56 pm pro-Storari Greco chiama in causa la «diffusione sempre più estesa di una mentalità che risponde a logiche burocratiche» e un «cambiamento culturale della magistratura, sempre più corporativa e autoreferenziale». Non è, come si vede, un messaggio distensivo nei confronti dell'esteso dissenso interno alla Procura milanese. Ma tanto tra due mesi Greco va in pensione, e a ricostruire l'ufficio giudiziario più importante d'Italia sarà il suo successore.

Che il Csm pare sia intenzionato a nominare con tutta calma, senza dare alla pratica la priorità che meriterebbe.

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