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De Benoist: "Non hanno affrontato il terrorismo. E ora i partiti tradizionali rischiano"

Il filosofo De Benoist dà le pagelle ai candidati: "Di Melenchon la miglior campagna elettorale". E su Macron: "È solo un prodotto di marketing"

De Benoist: "Non hanno affrontato il terrorismo. E ora i partiti tradizionali rischiano"

Parigi - Incontriamo Alain De Benoist - filosofo, scrittore e giornalista, fondatore del movimento culturale Nouvelle Droite (Nuova Destra) - e partiamo dall'attualità.

Pochi giorni prima delle elezioni presidenziali c'è stato l'ennesimo attentato terroristico in Francia, sui Champs Elysées di Parigi. Si è discusso molto su chi ha tratto benefici da quest'ultimo episodio di violenza.

«Se proprio dovessero favorire qualcuno credo che l'attentato dell'altra sera abbia favorito i candidati anti-sistema, in particolare quelli che hanno accentuato la matrice terroristica e la necessità di trovare una soluzione. Quello che colpisce nella campagna elettorale è che a parte qualche eccezione pochi candidati hanno parlato in generale di terrorismo. Tra le eccezioni ci sono stati Marine Le Pen, Nicolas Dupont Aignan e François Fillon ma in linea di massima non è stato uno dei temi principali».

Venendo al tema del populismo, tema centrale della sua ultima pubblicazione. Che idea si è fatto di Jean Luc Mélenchon del Parti de gauche, che in Francia è diventato un vero e proprio fenomeno elettorale? Ci troviamo di fronte ad un populismo autentico?

«Mélenchon è il candidato che ha fatto la miglior campagna elettorale. È salito molto velocemente nei sondaggi affossando Benoit Hamon del Partito Socialista. La sua Francia indomabile è un evidente fenomeno populista. Ma c'è un dato più interessante: la sua ascesa politica è proporzionale alla sostituzione della parola popolo con la parola sinistra. Più ha parlato di popolo e più è salito nei sondaggi, più diceva sinistra, più perdeva consenso. Possiamo dire dunque che Mélenchon incarna un populismo di sinistra».

Durante le elezioni americane molti elettori di Bernie Sanders, dopo l'endorsement ad Hillary Clinton, hanno detto di votare per Donald Trump. È possibile uno scenario simile in Francia?

«Il contesto politico negli Stati Uniti è molto diverso da quello in Francia. Credo che questo passaggio di voti sarebbe molto più marginale qui da noi. Comunque una piccola parte dell'elettorato di Mélenchon, in particolare i nuovi elettori, quelli più sensibili agli accenti populisti, potrebbero senza dubbio votare una Marine Le Pen al secondo turno qualora il loro candidato non dovesse arrivare al secondo. Aggiungo un'altra cosa. L'ipotesi inversa pure sarebbe valida. Immaginatevi un secondo turno che vedrebbe Mélenchon contro Macron. Una parte dell'elettorato del Front National darebbe il proprio voto al primo piuttosto che al secondo».

È stata una campagna elettorale in cui tutti i candidati hanno utilizzato la parola «sistema» con un'accezione negativa. Anche lo stesso Emmanuel Macron, leader di En Marche. Che opinione si è fatto su questo uomo politico?

«È un prodotto di marketing, è una sintesi, Macron è un algoritmo che ha utilizzato delle tecniche elettorali americane per portare avanti la sua campagna elettorale. È evidente che sia il candidato dell'élite contro le quali si scagliano i movimenti populisti».

I cattolici in Francia da che parte stanno?

«La proporzione dei cattolici che votano Front National è aumentata radicalmente negli ultimi dieci anni. François Fillon è il candidato di una parte degli animatori della Manif Pour Tous, e lo scelto hanno in maniera un po' azzardata perché potrebbe rimanere delusi qualora non riuscisse a mantenere le sue promesse».

In che modo queste elezioni presidenziali sono state diverse da quelle precedenti?

«Sono diverse perché mai nella storia ci sono state così tante sorprese. L'aspetto più importante rimane la decomposizione del sistema politico francese.

Per la prima volta possiamo assistere ad un ballottaggio senza i partiti tradizionali».

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