Poche ore dopo la conclusione della maratona, New York si è recata ieri a votare per riconfermare Bill de Blasio alla guida della città. La sua rielezione è data per certa: secondo le ultime rilevazioni statistiche, il sindaco uscente avrebbe più di 30 punti di vantaggio sulla sfidante repubblicana, la 34enne deputata Nicole Malliotakis. Un'enormità.
Del resto, nella capitale democratica d'America, dove il rapporto tra liberal e conservatori è di circa 7 a 1, la vera sfida si gioca nelle primarie democratiche. Ed è lì che de Blasio ha costruito il suo capolavoro politico: l'unico contendente con qualche possibilità di farcela era Hakeem Jeffries, che ha preferito ritirarsi e rimanere a Washington per sostenere le battaglie anti Trump del partito. Gli altri contendenti sono rimasti alla finestra, attendendo il maglio della magistratura per storie di finanziamenti che però non hanno portato a niente.
Un sindaco partito in sordina, de Blasio, che vinse a sorpresa la corsa del 2014. Il New York Times, ripercorrendo il suo primo mandato, ne ha snocciolato tutti i punti deboli: un rapporto conflittuale con la polizia, indagato sia a livello statale che federale per le sue raccolte fondi, arrogante e perennemente in ritardo agli appuntamenti (presenziando a una cerimonia si è pure perso il minuto di silenzio per le vittime di un disastro aereo), in contrasto coi media e con l'elettorato bianco.
Ha tuttavia capito prima degli altri le dinamiche demografiche in atto anche a New York e ha puntato sul consenso di quelle che sono sempre state definite minoranze ma che ora sono diventate maggioranza. Il suo favore presso l'elettorato afroamericano sfiora il 75%, alimentato anche dalla sua attenzione ai ceti più in difficoltà: aumento dell'offerta di case a un prezzo più conveniente, asilo nido pubblico per 75.000 bambini, riduzione dei poteri di arresto e interrogatorio arbitrari della polizia.
La più interessante, tuttavia, delle caratteristiche di de Blasio evidenziate dal Times è la sua attenzione politica maggiormente focalizzata verso Washington che non verso l'amministrazione della città. Un punto che non solo lo ha posto più volte in linea di contrasto con il presidente Trump - e questo, va da sé, non può che essere un merito per un democratico - ma più di tutto ha acuito il solco politico che lo separa dal governatore democratico dello stato di New York, Andrea Cuomo. Quasi un'avversione personale: era metà del 2015 quando de Blasio, parlando del governatore, disse che se qualcuno dissentiva da lui doveva poi aspettarsi un qualche genere di vendetta e ritorsione.
Non proprio amici. Entrambi potrebbero concorrere per le primarie democratiche nel 2020, quando il governatore avrà 62 anni e il sindaco 59. Vista così, l'elezione del nuovo sindaco della Grande Mela si fa più interessante.
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