De Luca e il rebus sospensione Gli impresentabili valgono il 2%

Il regolamento aiuta il neo governatore a schivare la scure della legge Severino fino al prossimo verdetto della Consulta. E i candidati bollati dalla lista nera della Bindi raccolgono 43mila voti

Benvenuti nella libera re pubblica (cosa pubblica) di Sua Maestà Enzo I. Vicerè per grazia di dio e volontà (del partito) della Nazione, territorio severamente de-severinizzato. Se sembrerà di percepire paradossi nella nascente monarchia assoluta a carattere elettivo, niente paura: bisognerà pur farci il callo.

Enzo Primo Potentino non solo è De Luca, anzi delu-ca-delu-ca come amano scandire qui a corte, ma anche lucano astuto e guardingo. Eccolo arrivare a mezzogiorno in punto nello splendore del porto di Napoli a prendersi corona e mantello, e portarsele ratto a Salerno. Dieci minuti di chiacchiera asciutta e festante, il ringhio che il popolo idolatra, il giornalismo plaudente in favore di telecamera. Se Renzi è disintermediazione, De Luca è oltre, disintegrazione. «Noi andremo avanti con umiltà...», dice e poi si ferma con quelle pause che fanno andare in visibilio i suoi. Sorride e continua: «Beh, ma non esageriamo... Si va avanti come dei treni!». Standing ovation a ogni «se» e ogni «ma». Per un comunista di stampo antico è catarsi e apoteosi. Nel linguaggio deluchiano tutto è «grande» (grande piano, grande progetto, grande stagione, grande investimento), il governo dovrà assicurare grandi investimenti e (grandi) posti di lavoro, ma tutto viene declinato nel «noi». Collettivo che non si stenta a credere: lui comanda, gli altri seguono (o eseguono). Ringrazia per primo Renzi, «gran sostenitore» (non lo voleva, lo ha subìto, però ieri in segno di sottomissione gli ha inviato il povero Gennaro Migliore, ridotto ormai a corifeo, con faccia di circostanza). Ringrazia le liste «che lo hanno sostenuto», nessuna esclusa, men che meno quelle degli impresentabili; d'altronde la Bindi è stata utilissima a compattare il voto del Salernitano attorno a «Enzo Martire». Caldoro, vincente o pari nelle altre province, ha perduto per 55mila voti: nel regno del rivale e nell'Avellinese, terra del Grande Elettore di Enzo I, Ciriaco De Mita. Il grande.

Meglio ancora è andata alla grande schiera degli «impresentabili». Secondo il Velino in Campania i candidati presenti nella black list hanno ottenuto 43 mila voti, ovvero quasi il 2 per cento dei consensi validi. Per esempio Sandra Lonardo, lady Mastella, ha preso oltre diecimila preferenze, come Alberico Gambino (Fdi). Il secondo può farcela, la prima invece no.

Ma qui, nel Viceregno, sono cose superate. Anche la Severino è lontano ricordo, gran vecchio arnese anch'essa. Come si supera lo spiega Fulvio Bonavitacola, vicepresidente in pectore e avvocato difensore. Il grimaldello sta nei tempi e nelle procedure, che dovrebbero portare agevolmente a dopo l'estate, quando sull'incostituzionalità della controversa legge si dovrà già esprimere la Consulta. Il nodo sta nell'insediamento o meno del Consiglio Regionale. L'avvocato Gianluigi Pellegrino, per esempio, sostiene una sorta di «automatismo» per il quale, non essendo specificata nella Severino la modalità di notifica, basterebbe un immediato decreto firmato da Renzi per sospendere De Luca. «Sono due mesi che questo signore fa passerella allarmistica e non si capisce se ci fa o lo è», s'infiamma Bonavitacola. L'accertamento della causa di sospensione, argomenta, anzitutto dev'essere cura di Renzi, previo parere del ministro dell'Interno e degli Affari regionali, con notifica al medesimo Consiglio Regionale (articolo 8 comma 4 della Severino). Ergo, è chiaro che dovrà insediarsi. E non potrà, a norma dell'articolo 4 comma 3 del Regolamento regionale, occuparsi di altro se non della convalida degli eletti, dell'elezione dei propri organi di presidenza e dell'esposizione del programma di governo da parte del presidente della giunta. «Fino a quando non si sia provveduto alla costituzione della giunta regionale, il Consiglio non può trattare altri argomenti...», recita il comma. Per cui il presidente potrà partire con la giunta e fare quel che vuole, dicono, prima che il Consiglio prenda atto del decreto di sospensione. Campa cavallo e cose all'ordine del giorno, nel libero Stato di Enzo Primo. Dove comanda uno, e tutti gli altri sono «noi».

di Roberto Scafuri

nostro inviato a Napoli

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