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De Magistris, l'ex magistrato che ha sposato l'illegalità

In toga per 16 anni, ora il sindaco si schiera con violenti e centri sociali. E per un pugno di voti tradisce lo Stato

De Magistris, l'ex magistrato che ha sposato l'illegalità

Da sindaco di strada a scassatore del sistema politico: Luigi de Magistris le ha imboccate, quasi, tutte le strade per ritagliarsi un'immagine di leader. E nonostante i risultati, fino ad oggi, deludenti, il primo cittadino di Napoli non molla. Anzi, rilancia: l'ex magistrato prova, ora, a prendersi la guida della platea degli anti-Salvini che unisce in uno strano miscuglio centri sociali e neoborbonici. De Magistris sogna un partito del Sud che sfidi i poteri di Roma e del nord. E in questo movimento meridionalista, autonomista e rivoluzionario, il primo cittadino napoletano spera di esserne il capo indiscusso. Il primo alleato potrebbe essere Michele Emiliano: il governatore della Puglia, candidato alla segreteria del Pd contro Matteo Renzi e Andrea Orlando, ha sposato la linea di de Magistris: «Condivido l'insurrezione pacifica di Napoli nei confronti di Salvini. Perché venire a provocare la gente dopo aver ingiuriato una città intera? Napoli è la capitale di tutto il Sud e lui non ha ingiuriato solo i napoletani ma tutti i meridionali italiani, quindi farebbe bene a starsene a casa», ha commentato Emiliano. L'occasione per rimettere in testa la bandana e indossare i panni del rivoluzionario in salsa partenopea è stato il comizio a Napoli di Salvini.

Il sindaco aveva una nuova battaglia da combattere. Stavolta, il nemico non era Matteo Renzi. E non lo erano nemmeno i «poteri forti». L'avversario da sconfiggere era il leader della Lega. C'era, come sempre, una città da difendere, ovviamente, non dalla morsa della criminalità organizzata che continua a sparare in pieno centro ma dall'invasore leghista. In tutte le lotte di de Magistris c'è sempre di mezzo un «colonizzatore» che vuole prendersi Napoli. Che si chiami Renzi o Salvini. Anche in occasione del tour leghista in città, l'ex pm ha rispolverato una parola a lui molto cara: «Commissariamento». Per de Magistris la decisione del ministro dell'Interno Marco Minniti di far svolgere, nonostante le proteste, il comizio di Salvini a Napoli è stato uno scippo alle prerogative dell'amministrazione comunale. Perché fosse stato per de Magistris quell'evento l'avrebbe vietato. Anche perché lui pare sia convinto di guidare non una città italiana ma la «Repubblica di dema». Dallo scippo alla ribellione: il copione è servito. A de Magistris non importa il passato: per 16 anni ha indossato una toga, rappresentando la legge in Italia, oggi sta dalla parte degli attivisti dei centri sociali. È schierato al fianco di coloro che hanno devastato la stessa città che l'ex pm è chiamato ad amministrare da circa sei anni. Anche ieri, durante il corteo anti Salvini, Napoli è stata messa a ferro e fuoco: strade, auto e negozi danneggiati. Il sindaco non ha partecipato alla manifestazione in strada ma moralmente era presente. Ha sostenuto la battaglia dei centri sociali contro la visita di Salvini. Ha soffiato sul vento della protesta. Come ogni aspirante leader, de Magistris aveva bisogno di un popolo. E non conta se quel «popolo» cambia in base alle convenienze del momento. Da magistrato, il sindaco di Napoli ha sperimentato l'onda del giustizialismo di Antonio Di Pietro. Ma quell'amore è finito presto. Da politico le ha tentate un po' tutte: dall'esperienza fallimentare di Rivoluzione Civile all'antirenzismo. Ha provato, senza successo, a sfondare la porta del grillismo. Una dote va riconosciuta all'ex toga: la capacità di fiutare il momento. L'intuito di cavalcare l'onda degli umori dominanti. Oggi una parte del popolo di Napoli, del Sud, era schierata contro Salvini.

E de Magistris ha cavalcato quell'umore, sperando di ricavarne un beneficio politico.

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