In Senato o fuori, i numeri sono numeri. Matteo Renzi pensa di averceli, e strombazza questa pia illusione. Che potrebbe persino avere qualcosa a che fare con il celebre quid di Alfano. Angelino di sicuro non ce li ha, i numeri (il partito gli si sta sfaldando sotto i piedi: lui pensa per sé, gli altri sono già altrove). Eppure l'anatra è zoppa e da Ncd il premier viene smentito: «Non occorre arrivare al voto dell'articolo 2 - spiega Formigoni - già sull'articolo 1 della riforma Renzi rischia d'andar sotto». Gli fa da sponda la Lega di Maroni: «Ncd ha un'occasione straordinaria per dimostrare da che parte sta. Se blocca la riforma...».
Nel frattempo, però, c'è la Lega di Salvini, un altro Matteo che pensa d'avere tutti i numeri necessari e vorrebbe mangiarsi il mondo. Chiede di confrontarsi «per 10 minuti» con Renzi, magari «tra una finale di tennis e l'altra, da assistere a spese degli italiani», stuzzica. Lo stesso fa nei confronti di Forza Italia: «Allora, che cosa vuole fare? Non ho appuntamenti con Berlusconi. Ma se vuol costruire una vera alternativa a Renzi, le mie porte sono spalancate». Non dimentica, il segretario leghista, di solleticare l'opinione pubblica su temi che alimentano i titoloni dei giornali: «Serve un tetto ai bimbi stranieri in ogni classe...», attacca dagli studi di Porta a Porta .
Potrà non sembrare, ma siamo di fronte alle prime prove tecniche d'unità nel centrodestra, con segmenti che si muovono, si agitano, cercano e ritrovano i motivi per stare assieme perché - per dirla lapalissiana con Brunetta - «uniti si vince». Il problema di fondo però resta: come superare le ruggini di qualche anno da separati in casa? Da dove ripartire? Brunetta, monolite in moto perpetuo, si dice pronto ad accogliere figliuol prodighi dell'Ncd e non solo. «Siamo un grande partito: apriamo le braccia a tutti quelli che vogliono sinceramente far vincere il centrodestra sotto la guida di Berlusconi. Questa è la linea, non è cambiata, siamo evangelici».
Il governatore ligure Giovanni Toti sarà di sicuro evangelico, ma a farsi rifilare buffetti da Salvini e porgere l'altra guancia non ci sta. Così, alle sollecitazioni, risponde sul velluto: «Sottolineare le diversità, caro Matteo, non fa che aiutare il governo della sinistra». I nostri programmi sono ampiamente convergenti su molti punti qualificanti, spiega l'ecumenico Toti. Che elenca, giusto perché tutto non finisca travolto dal mare di chiacchiere e dichiarazioni estemporanee, le dieci domande salienti per un tavolo di ricostruzione del centrodestra unito. Riduzione delle tasse e sostegno ai pensionati, no all'immigrazione e più sicurezza, Ue e riforme, premio di coalizione e costi standard, sburocratizzazione e macroregioni. «Salvini, per favore, rispondi».
Ripartire si può, allora. Dal primo appuntamento importante: le elezioni del sindaco di Milano a primavera. Ne è arcisicuro Lupi, che ha rotto gli indugi e annunciato di non volersi più candidare a Palazzo Marino. «Faccio un passo indietro affinché si possa ripartire insieme. Tutti noi, insieme a Berlusconi e Salvini, abbiamo oggi la grande responsabilità di permettere al centrodestra di rilanciarsi, perché con la nostalgia non si va da nessuna parte». L'appello di Lupi, anzi la «campanella» come la chiama lui, sceglie la Lombardia perché «ultimo esempio di buongoverno che è rimasto in Italia nel campo di centrodestra».
Lupi punta alle primarie per scegliere il candidato giusto, senza escludere un ripensamento di Del Debbio e neppure un coinvolgimento di Passera. Campanella che suona per tutti, Salvini compreso. Ultimo giro, dopo è tempo di correre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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