«Q uanto al Def, nella maggioranza siamo in piena sintonia sulle risorse e le misure da adottare». La palma per la dichiarazione più surreale di ieri se la è aggiudicata il ministro grillino Riccardo Fraccaro: a prescindere dal fatto che ieri sera, quando si è così esposto, della nota di aggiornamento al Def non vi era ancora alcuna traccia, la giornata senza Def era stata tutta spesa in una rissa sui numeri tra leghisti e Cinque stelle.
Di buon mattino, nella prima di una decina di interviste quotidiane, Matteo Salvini aveva buttato acqua fredda sugli entusiasmi grillini: «Se la matematica non è un'opinione e se ci sono 7-8 miliardi per la Fornero, ce ne sono 8 per il reddito». Sottinteso: altro che i dieci miliardi millantati dal collega di vicepremiership Gigino Di Maio. I grillini, comprensibilmente, entrano in fibrillazione e spediscono il sottosegretario Buffagni a rintuzzare il tentativo di scippo: «Era mattino presto e forse Salvini si è confuso - contrattacca -. Ho davanti la tabella delle cifre aggiornata e, d'accordo con i nostri partner di governo, abbiamo stanziato 9 miliardi più uno per il reddito di cittadinanza». Nove più uno uguale dieci, come vorrebbero i Cinque stelle. Di Maio ammette: «Si sta giocando con i numeri. Ma i soldi per tutte le misure ci sono». E già che c'è il vicepremier annuncia mirabolanti sanzioni per chi «fa il furbo» con il reddito di cittadinanza: chi ne godrà «non avrà il tempo di lavorare in nero e se imbroglia si becca 6 anni di galera». Da lui comminati. La vendetta dei grillini contro la Lega arriva di lì a poco, quando tramite agenzie fanno trapelare una tabella dell'inesistente Def che per il 2019 attribuisce 5,2 miliardi all'avvio di «quota 100» per la controriforma della legge Fornero. L'effetto? La riforma partirebbe da aprile e non da gennaio, e quindi non in tempo utile per la campagna elettorale delle Europee. Apriti cielo: la Lega replica con veemenza: «Dispiace che esponenti degli alleati di governo vadano in giro con tabelle non ufficiali e che sono mere simulazioni - insorge il viceministro Garavaglia - Confermiamo che la quota 100 per le pensioni partirà al massimo entro il mese di febbraio e che prevede una spesa di 7 miliardi di euro».
Il caos sulle cifre e il braccio di ferro su chi tra Lega e M5s si aggiudicherà più soldi fa capire perché, ad una settimana dallo show di Di Maio e compagni dal balcone, il Def sia ancora in alto mare. A dispetto di Di Maio, che mercoledì sera aveva seraficamente assicurato che «il Def è stato definitivamente inviato alle Camere e a Bruxelles». Ma la dice anche lunga sulle tensioni dentro la maggioranza, dove i Cinque stelle coltivano un crescente timore: se alle prossime europee la Lega si confermasse primo partito, Salvini avrebbe un argomento assai forte per archiviare l'improbabile premier Conte e rivendicare per se stesso la poltrona di Palazzo Chigi, relegando i grillini ad una funzione ancillare e tenendoli a bada con lo spauracchio di elezioni anticipate. Nella convinzione che basterebbe a tenerli agganciati all'esecutivo: «Piuttosto che rischiare di non essere rieletti, moltissimi parlamentari grillini sarebbero pronti a passare con noi», ragiona un esponente del Carroccio.
Intanto Salvini torna a punzecchiare Di Maio proprio per l'esibizione dal balcone: «L'avessi fatto io mi avrebbero arrestato:
uscire su un balcone a Piazza Venezia, figuriamoci, mi portavano via». Il vicepremier leghista incorre però in un lapsus (freudiano?): Palazzo Chigi non è a piazza Venezia, dove si affacciava Mussolini, ma a piazza Colonna.
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