La demagogia fa peggio dei burocrati

La burocrazia è un problema, ma la demagogia non lo è meno

La demagogia fa peggio dei burocrati

La burocrazia è un problema, ma la demagogia non lo è meno. In questi giorni, ragionando su come mettere l'Italia nelle condizioni di non dipendere più dal gas russo, giornali e televisioni ci hanno offerto un'ampia gamma di opere paralizzate dall'inefficienza della macchina pubblica: l'impianto eolico off shore di Taranto fermo da 15 anni, il rigassificatore di Gioia Tauro da 17 anni, quello di Porto Empedocle da 18. È colpa della burocrazia, ed è una colpa grave. Ma è possibile porvi rimedio. Il decreto Semplificazioni, ad esempio, ha portato da 1.200 a 100 giorni l'iter autorizzativo per i nuovi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. La burocrazia è un problema, ma buone norme possono contenerlo. Contro la demagogia, invece, non c'è norma che tenga.

Se ci fossero stati i social, e se i partiti politici fossero stati ridotti allo stato gassoso odierno, non sarebbe stato possibile costruire l'Autostrada del Sole in appena 8 anni e le resistenze dei sindaci comunisti dell'Appennino tosco-emiliano si sarebbero trasformate in mobilitazioni di massa, dirette televisive, campagne sul web fino a ridurre l'Alta Velocità ferroviaria ad un progetto tra i tanti impilati in qualche sottoscala del disciolto Ministero dei Lavori Pubblici.

A paralizzare l'Italia è la burocrazia, d'accordo, ma non lo è meno la demagogia: quella naturale inclinazione di una certa politica ad assecondare ogni protesta, alimentare ogni paura, accreditare ogni complotto. Le proteste apocalittiche contro il gasdotto Tap in Puglia, le barricate naturalistiche contro le trivellazioni nell'Adriatico, le ondate di sdegno contro i rigassificatori... Resistenze spesso nate spontaneamente in forma di comitati civici, poi animate strumentalmente dalla politica locale, infine cavalcate ipocritamente dalla politica nazionale con la vigorosa spinta di movimenti anticapitalisti travestiti da associazioni ambientaliste.

E allora, di chi è la colpa della paralisi italiana? Dei politici demagogici, abbiamo detto. Ma anche dei media e in particolare della televisione che, al pari della peggior politica, ormai da tempo cerca di arginare la propria crisi soffiando su ogni fiamma sociale, alimentando ogni paura, vellicando ogni protesta. Certi talk generano mostri. Come spiegò un secolo fa lo studioso americano Walter Lippmann, l'opinione pubblica, come la realtà, non esiste in natura. È artefatta.

Esistono interpretazioni prevalenti della realtà frutto di pregiudizi il più delle volte alimentati dai media. Lo scandalo non è che la Rai paghi uno studioso narcisista come Alessandro Orsini, ma che paghi un narciso ignorante come Mauro Corona.

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