Aveva provato e riprovato a vivere una vita felice. Si era battuta come un leone per uscire dal racket della prostituzione, ma poi era rimasta intrappolata nelle maglie della burocrazia. Quelle maglie hanno stritolato alla fine Adelina Sejdini, ex prostituta nata a Durazzo, che ha avuto il coraggio di far arrestare i suoi sfruttatori, ma non è mai riuscita a ottenere la cittadinanza italiana.
La donna sabato scorso si è arresa e si è lanciata da un cavalcavia ferroviario a Roma. Adelina era terrorizzata dopo che dal suo permesso di soggiorno era stato tolto lo stato di apolide e indicata la cittadinanza albanese. Aveva parlato e i suoi racconti avevano permesso ai carabinieri di smantellare una organizzazione mafiosa albanese, portando all'arresto di 40 persone e alla denuncia di altre 80 denunciate. Aguzzini che tenevano le fila dello sfruttamento del sesso in tutta Italia. Negli anni seguenti si era anche impegnata al fianco dei City Angels per aiutare le giovani prostitute. «Se torno in Albania sono una donna morta, ho paura di essere ammazzata da quelli che ho fatto arrestare», aveva confessato il 3 novembre quando era stata ospite a «L'aria che tira» su La7.
La donna viveva a Pavia ma era malata di tumore e si erano fatti sempre più frequenti ricoveri in ospedale al San Matteo. Aveva cancellato la cittadinanza albanese quando era arrivata in Italia a 22 anni. Ma in occasione dell'ultimo rinnovo del suo permesso di soggiorno era scomparso per lei lo stato di apolide. «Non solo, c'è scritto che lavoro. Di conseguenza non posso più avere i sussidi e la pensione d'invalidità che mi serve per vivere», aveva spiegato Sejdini, nonostante una commissione medica l'avesse riconosciuta invalida al 100%. E avrebbe avuto problemi anche a ottenere una a casa popolare.
A fine di ottobre era arrivata a Roma. Aveva sfidato la sua malattia perché sperava di poter incontrare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella o qualcuno del ministero dell'Interno. Poi il 28 ottobre era andata oltre: si era data fuoco. Soccorsa era stata ricoverata all'ospedale Santo Spirito. «Ho presentato la domanda per avere una casa popolare, ma adesso me la sogno - aveva spiegato -. I documenti non corrispondono più.
E non posso accettare la cittadinanza albanese, dal momento in cui me l'hanno scritto ho gli incubi. Mi ammazzo piuttosto». Sabato scorso lo ha fatto e sul suicidio sono in corso accertamenti da parte della polizia ferroviaria di Roma Termini.
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