La deroga al vizio dem di bruciare gli eletti appena finiti nei guai

Da Marino a Uggetti, tutti si sono lamentati di essere stati scaricati

La deroga al vizio dem di bruciare gli eletti appena finiti nei guai
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Il "caso Beppe Sala" sembra chiudersi per ora con una deroga al vizio della sinistra di bruciare i propri eletti al primo guaio giudiziario. Il Pd, come il Pds durante Tangentopoli, aveva finora seguito la tendenza a stare dalla parte delle procure piuttosto che difendere i propri esponenti.

Vittime illustri di questa prassi sono stati Josefa Idem, ex ministro delle Pari Opportunità, l'ex presidente della Regione Abruzzo Ottaviano Del Turco e Ignazio Marino e Simone Uggetti, rispettivamente ex sindaci di Roma e Lodi, ma non solo. Tutti scaricati dal partito non appena è scoppiato lo scandalo. Nel giugno 2013 l'ex campionessa olimpionica rassegna le dimissioni dopo un breve colloquio con l'allora premier Enrico Letta in quanto accusata di non aver pagato l'Imu della sua casa/palestra di Ravenna. Ben più grave è stato il trattamento riservato a Del Turco, deceduto un anno fa dopo aver subìto un lungo calvario giudiziario iniziato nel 2008 con l'arresto nell'ambito di un'inchiesta sulla sanità abruzzese. Inizialmente accusato di associazione per delinquere, truffa, corruzione e concussione, alla fine viene assolto da quasi tutte le accuse ma condannato nel 2018 a 3 anni e 11 mesi di reclusione per induzione indebita. L'allora segretario del partito, Walter Veltroni, "liquidò" velocemente il caso inviando a Del Turco (uno dei fondatori del partito) un messaggio laconico: "ti auguro di poter provare la tua innocenza". Lasciato solo, l'ex sindacalista socialista rivelò: "Io con Veltroni non ho mai parlato in questi mesi, dopo il mio arresto mai una telefonata o una lettera. Né mi ha chiamato nessuno del gruppo dirigente del Pd. Ho provveduto ad autosospendermi dalla direzione nazionale del partito con una lettera alla quale Veltroni non ha nemmeno risposto".

Altri casi simili sono quelli che hanno riguardato gli ex governatori Marcello Pittella (Basilicata) e Mario Oliviero (Calabria). La stessa sorte è toccata all'ex primo cittadino di Roma Ignazio Marino la cui giunta cadde dopo che 26 consiglieri capitolini rassegnarono le dimissioni. Il "sindaco marziano", che all'epoca finì indagato per il cosiddetto Pandagate, a distanza di 10 anni, ancora non riesce a dimenticare. "Il giorno in cui la notizia apparve sui giornali, il Pd insistette affinché le mie dimissioni fossero annunciate prima dei tg della sera, e diversi altri partiti, da FdI alla Lega di Salvini a Sinistra Italiana di Fratoianni, rilasciarono dichiarazioni violente e definitive sulla necessità del mio immediato abbandono", ha ricordato in un articolo apparso ieri sul Fatto Quotidiano. Nel 2016, invece, l'allora sindaco di Lodi Simone Uggetti viene arrestato con l'accusa di turbativa d'asta per un appalto da 5mila euro sulla gestione delle piscine scoperte. Accusa dalla quale, poi, nel 2023 è stato definitivamente assolto. Anche in questo caso non vi fu alcuna solidarietà da parte del Pd, come rivelò nel 2021 Uggetti: "Diciamo che l'allora segretario Renzi, verso il quale non ho acrimonia, mi scaricò un po' troppo velocemente. Fece un errore politico".

Chi, invece, si dimise senza mai aver ricevuto un avviso di garanzia e pur essendo parte lesa fu l'ex governatore Piero Marrazzo che nel 2009 venne ricattato da alcuni carabinieri che lo scoprirono in compagnia di una prostituta transessuale.

In una recente intervista al Corriere della Sera, l'ex giornalista Rai ha ricordato che a chiamarlo furono l'allora segretario Pier Luigi Bersani e il suo vice Dario Franceschini: "Mi chiesero di fare un passo indietro per ragioni di opportunità e accettai. Non ho recriminazioni nei loro confronti".

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