Diana e quell'incidente che non è mai uscito dal tunnel del complotto

La fuga con Dody a Parigi, lo schianto nell'Alma. Tante le teorie, ma forse la verità è la più banale

Diana e quell'incidente che non è mai uscito  dal tunnel del complotto

Alla fine pare proprio che la morte di Diana Spencer fu una questione banale. Un'automobile elegante ma scassata, un autista mezzo ubriaco, una fretta indiavolata, una strada insidiosa. Questo almeno è quello che dicono le due inchieste (una francese, una britannica) che sono state condotte su quello che accadde a Parigi nella notte tra il 30 e il 31 agosto, quando morì una delle donne più amate e un po' anche il Novecento agli sgoccioli.

Eppure. Eppure nel corso di questi due decenni tante sono state le teorie su quell'ultima notte di agosto del 1997, alimentate da episodi poco chiari, testimonianze ambigue, strane morti, personaggi entrati e usciti da questa storiaccia come da una commedia degli equivoci.

È il 30 agosto 1997. Diana Frances Spencer, che il mondo conosce come Lady D (ma nel Regno Unito scrivono «Lady Di»), ha 36 anni e da un anno e due giorni è divorziata da Carlo, l'erede al trono britannico. Ha conservato il titolo di principessa di Galles e, soprattutto, l'affetto del popolo. Da qualche settimana frequenta Dodi al-Fayed, egiziano di 42 anni, rampollo di quel Mohammed proprietario del magazzini Harrods che si sente sempre un paria a Londra. I due sono stati sorpresi da un teleobiettivo a baciarsi su una barca. Poco importa che Diana fosse probabilmente innamorata del cardiochirurgo Hasnat Khan e stesse cercando solo di dimenticarlo o ingelosirlo. Da quel momento sono sotto il tiro dei paparazzi di tutto il mondo. Che li aspettano a Parigi appena si sparge la voce che poco dopo le 15 di quel 30 agosto i due sono sbarcati all'aeroporto di Le Bourget di ritorno dalla Sardegna. La coppia prende alloggio in una suite dell'hotel Ritz in place Vendôme, di proprietà di al-Fayed padre. In breve davanti all'hotel si assiepa una folla di fotografi. Poco dopo mezzanotte Dodi decide di spostarsi nell'appartamento di famiglia in rue Arsène Houssaye, in zona Étoile. La security dell'hotel fa uscire dall'ingresso principale un'auto civetta mentre la principessa e il rampollo vengono fatti salire sul sedile posteriore di una Mercedes S280 targata 688LTV75. Alla guida c'è Henri Paul, vicecapo della sicurezza del Ritz. Accanto a lui Trevor Rees-Jones, una delle guardie del corpo degli al-Fayed. I quattro si mettono in moto verso gli Champs-Elysées. A Paul è stato ordinato di seminare i paparazzi che presto si accorgeranno dell'inganno. Alle 00,23 la Mercedes imbocca il tunnel de l'Alma, a due passi dalla Torre Eiffel. L'auto corre a più di 110 km all'ora in un punto in cui il limite è di 70. La Mercedes sbanda e si schianta contro il tredicesimo pilone. L'auto si accartoccia: Paul e al-Fayed muoiono sul colpo, Rees-Jones, l'unico che indossava la cintura di sicurezza, è grave ma si salverà. Diana respira quando sul posto sopraggiungono i primi fotografi che inseguivano la Mercedes. Morirà alle 4 all'ospedale Pitié-Salpêtrière.

Un semplice incidente? Che si sia trattato di uno schianto provocato è sempre stato convinto Mohammed al-Fayed. Secondo lui i Windsor avrebbero eliminato Diana (forse incinta) per evitare che nascesse un principino islamico. Secondo il «soldato N», agente dei servizi segreti poi fuggito in Tailandia, sarebbe stata la Sas ad abbagliare Paul facendogli perdere il controllo dell'auto. E in una fotografia mostrata anni dopo si vede Paul alla guida che fa una smorfia infastidita, mentre accanto Rees-Jones traffica con l'aletta parasole e, dietro, Diana sbircia dietro di sé. Ma probabilmente ad accecare Paul fu il flash di un fotografo. Forse James Andenson, la cui presenza a Parigi quella notte è sempre stata in dubbio. Di certo c'è che tre anni dopo si suicidò.

Ma l'incidente probabilmente è stato solo tale. Paul era stato chiamato a guidare la Mercedes in tutta fretta, dopo una serata passata a bere Pastis: gli fu trovato alcol nel sangue in quantità tre volte superiore al limite di legge. Inoltre era depresso per essere stato abbandonato dalla moglie e prendeva l'Aotal, un antidepressivo. E soprattutto quell'auto, la Mercedes, non avrebbe dovuto essere in circolazione.

In seguito a un incidente ne era stata disposta la rottamazione, ma poi era stata rimessa insieme e ritargata da uno sfasciacarrozze ed era finita nella flotta della società di noleggio limousine di cui si serviva il Ritz. «Oltre i 60 all'ora era ingovernabile», racconterà poi chi si era trovato a guidarla. Ma quella notte era lanciata a 110 all'ora verso il pilone numero 13 con a bordo una principessa triste e il suo non amato amante.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica