"Dibba" fa già il premier Ma la base Cinque stelle guarda alla Appendino

Di Battista spiega il programma di governo La sindaca è defilata ma macina consensi

"Dibba" fa già il premier Ma la base Cinque stelle guarda alla Appendino

Giampiero Timossi

Roma Gli altri si agitano, lei va un paio di giorni al mare. Alessandro Di Battista parla già da candidato premier e illustra il programma di governo del Movimento Cinque Stelle, che sintetizzato dice così: «Referendum sull'euro, reddito di cittadinanza, separazione tra banche di risparmio e banche d'affari» e per l'economia più «Green Economy», ma anche puntare «sull'enogastronomia, una nostra eccellenza, il nostro petrolio». Ancora, sull'immigrazione: «Chi è privo di diritto d'asilo in questo momento storico deve essere espulso». Per poi aggiungere: «Il termine espulsione non deve essere ricondotto alla destra, alla sinistra, o alla xenofobia». Una precisazione che non può passare inosservata a Matteo Salvini, leader della Lega. Lui due giorni fa, su una possibile alleanza Carroccio-Cinque Stelle, aveva sorriso: «Parliamone, se loro cambiano idea su immigrazione e sicurezza». Ci siamo quasi, ma forse sono solo manovre diversive, avvertimenti al Pd e a chi sta cercando di costruire una nuova maggioranza di governo. Perché il percorso del dopo-Renzi è appena iniziato, tutto è in divenire.

Infatti tutti o quasi, tra i grillini, si danno un gran daffare. «Dibba» si porta avanti, l'opposizione interna si fa sentire con l'autocandidatura di Roberto Fico, Luigi Di Maio mostra una calma olimpica che probabilmente non esprime alla perfezione il suo attuale stato d'animo: «No a governi provetta», meglio le elezioni, certo. E se il progetto di rifare la legge elettorale in cinque giorni è ormai naufragato, ecco la nuova soluzione: «Non serve un governo per fare una legge elettorale. Renzi si è dimesso: resta in carica per forza, per gli affari correnti, il Parlamento mette in calendario la legge elettorale, si fa, si aspetta la sentenza della Consulta e si va a votare». Tutti, o quasi, dicono la loro, mentre il cofondatore Beppe Grillo invita all'unità, ribadisce che un candidato premier, e quindi un premier, «è un semplice portavoce di un programma» (frase da manuale usata da Fico per proporsi). Spiega, il comico genovese, che il voto è l'unica soluzione, che non ci sarà da parte loro nessun appoggio a un governo, tecnico o di scopo, nulla importa.

In tutto questo frinire solo una persona resta defilata, una delle poche che al governo di una città sta raccogliendo solo applausi, Chiara Appendino. E visto che, nella politica 2.0, il potere logora chi ce l'ha, la sindaca di Torino ha deciso di staccare un paio di giorni e andare al mare con la famiglia, in Liguria. Lei, la sua posizione l'ha già espressa, prima del referendum: «Se vincesse il Sì, se passasse questa assurda riforma, non accetterei di andare al Senato delle Regioni. Un sindaco ha già troppo lavoro da fare per la sua città, non ci si può dividere tra più impegni». Ora, i suoi più stretti collaboratori, spiegano che la posizione Appendino non è cambiata. Però il punto è che sceglieranno i grillini con un click, come sempre. Tra chi potranno scegliere: «Di Battista, Di Maio, Fico, Taverna, chiunque vorrà, da noi funziona così e anche chiunque verrà indicato dagli attivisti del Movimento, certo se lo vorranno anche Chiara».

La regola di Grillo, così come di Gianroberto Casaleggio e oggi del figlio Davide, è semplice: decide il consenso. La rete dirà Appendino? Si cercherà di convincere la sindaca ad accettare la candidatura.

Lei a Torino ha già battuto il Pd, non ha convinto solo i grillini, ma anche l'elettorato più indeciso, rassicurando chi non ha una casa e chi guida la città della Fiat. Ora sta a guardare, il mare d'inverno ha sempre un suo fascino.

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