Per arrivare ai 99 nomi di Allah ci sarà bisogno di qualche legislatura supplementare di allenamento e per battere i mille di Visnù è lunga la strada, ma per il momento Matteo Renzi è messo bene. Nemmeno Fernando Pessoa aveva così tanti eteronimi ed alter ego quanti l'ex premier. Paragoni calcistici, parallelismi storici, ardite metafore, accostamenti cinematografici: nel Grande Timoniere del Pd finora si erano ravvisate tracce di statisti, campioni e personaggi del grande schermo. Tutto questo fino a ieri, quando a San Matteo sono comparse perfino le stimmate dei tweet.
«A quelli che ti dicono è tornato, rispondo: non è mai andato via». L'undicesimo comandamento inciso sul web da Filippo Sensi all'indomani della kermesse del Lingotto segna un salto di qualità. Qui si passa dalla normale dinamica adulazione-mortificazione alla deificazione. Si passa dall'ufficio stampa al vangelo apocrifo, dalle colline di Pontassieve al Golgota, dall'Ulivo ai Getsemani. «Egli non è qui, vi precede in Galilea», commenta qualcuno; «Lo riconobbero allo spezzar del pane», rintuzza un altro. Certo, Fonzie gli veniva meglio, eh. Difficile che in sandali e tunica sia credibile come lo era in giubbotto e jeans ad Amici. Eppure siamo talmente abituati alle iperboli, e poi Pasqua è talmente vicina, che sembra quasi normale. Perché non moltiplica questi pani, questi pesci e questi voti al referendum, satireggiano i bersaniani eredi di San Tommaso. Tranquilli, resusciterà la sinistra, replica il Giglio Magico dei suoi apostoli.
Certo, il paragone è pesantino. Tra Woodcock, Consip e Caifa i guai con la giustizia li accomunano, vero, ma non risulta che Tiziano fosse falegname e a occhio le somiglianze finiscono qui, almeno fino a quando Lotti non mozzerà un orecchio a un finanziere come San Pietro al centurione. Eppure Renzi è abituato ai paragoni: per Berlusconi era come Balotelli, per un adorante Delrio è come Maradona, non è dato sapere se per il talento giovanile o per l'attuale pinguedine. Galli della Loggia e D'Alema lo accostarono a Craxi, un lisergico Scalfari a Giolitti, uno Staino in versione nostalgica lo ha definito addirittura un Berlinguer (forse per fargli dispetto). I grillini gli hanno dato della Wanna Marchi, per Travaglio è un Forrest Gump. Insomma, a ognuno il suo paragone, in un caleidoscopio di maschere.
Ora che però dalle maschere si è passati alla Sindone, la sensazione è che gli agiografi si siano un attimo fatti
prendere la mano. Perché ok fare ironia sul fatto che lui non se ne sarà mai andato ma se ne sono andati gli elettori, però quel che rode davvero è ben altro: non è che prima che il gallo canti tre volte ritorna il Nazareno, eh?
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