Roma - E se fosse il gattopardismo a decidere la partita delle riforme? Se fosse la voglia di non perdere il seggio in Parlamento a decidere il voto di oggi sul disegno di legge Boschi? La posta in gioco è alta. Matteo Renzi ha già fatto capire che se il tavolo salta per lui non c'è problema: tutti al voto con in tasca un vantaggio abissale del Pd sugli altri partiti (lo dicono i sondaggi). Quindi chi vota no si prende la responsabilità di contribuire al rompete le righe.
Il dilemma riguarda in particolare Forza Italia. La linea ufficiale l'ha dettata Silvio Berlusconi domenica: «Voteremo contro le riforme e diremo no alla arroganza e prepotenza del Pd che è stato incapace di cambiare se stesso e il Paese». Linea confermata anche da Giovanni Toti, infastidito dal corteggiamento dell'Ncd: «Invito tutti gli amici del centrodestra a smetterla di tirare per la giacca Forza Italia sul tema delle riforme. Il nostro movimento politico domani (oggi, ndr ) si esprimerà contro il disegno di legge Boschi».
Messa così non c'è partita. Però Forza Italia è attraversata da due aree di dissenso. La prima, quella dei fittiani, in realtà non dovrebbe creare problemi: essendo da tempi non sospetti contrari al Patto del Nazareno quando esso era vivo e vegeto, i deputati che fanno quadrato attorno all'ex governatore della Puglia non possono certo ora rianimarlo. La seconda, quella che fa capo a Denis Verdini, che del Nazareno ha il copyright , ha invece tutti gli occhi addosso. Ieri nessuno dei cosiddetti «filorenziani» si è sbilanciato prima dell'incontro serale con il capogruppo Renato Brunetta. Tutto è possibile, ma con quale cifre? I verdiniani non sono più di una quindicina (lo zoccolo duro è formato dai toscani Massimo Parisi e Monica Faenzi, da Ignazio Abrignani, responsabile elettorale nazionale del partito, dal fedelissimo Luca D'Alessando, dal giornalista Giovanni Mottola, da Gregorio Fontana) ma i pallottolieri potrebbero contare altri sì alle riforme. «Non dico nulla, c'è una riunione dei deputati», sussurra Parisi. Secondo Brunetta la riunione peraltro non sarebbe decisiva ma «solo un passaggio formale, abbiamo già deciso di votare no». Ma molti non la pensano così.
E poi c'è il grande ventre del gruppo, quello che più che al partito potrebbe pensare al proprio tornaconto. Il ragionamento è questo. Attualmente Forza Italia conta 70 deputati (ne elesse 97, poi la diaspora degli alfaniani). Se le riforme costituzionali dovessero stopparsi Renzi potrebbe davvero dimettersi e aprire una crisi che avrebbe come naturale sbocco il voto. Con i dati attuali dei sondaggi è pensabile che Forza Italia non elegga più di una cinquantina di deputati. Ma anche se il ritorno sulla scena di Berlusconi dovesse rianimare il partito facendolo crescere (cosa probabile assai), questo avverrebbe all'insegna di un drastico repulisti . Insomma, a parte i membri del cerchio magico del Cavaliere, per tutti gli altri forse non ci sarebbe posto.
I più drastici sussurrano che quattro deputati su cinque sarebbero prepensionati. Insomma: per molti deputati azzurri il no alle riforme potrebbe essere uno degli ultimi atti da parlamentare. Capite perché a pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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