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Stiglitz contro il centrodestra: tornano i gufi del debito

Il Nobel Joseph Stiglitz avverte che col centrodestra al governo l'Italia rischia una crisi del debito: ma la sua critica è fallace

Stiglitz contro il centrodestra: tornano i gufi del debito

Joseph Stiglitz dimentica Joseph Stiglitz e carica a testa bassa la destra italiana. L'economista della Columbia University, Premio Nobel per l'Economia nel 2001, ai margini del Forum Ambrosetti di Cernobbio dialoga con La Stampa e non ha dubbi nell'esprimere le sue preoccupazioni per l'imminnente voto in Italia: "Temo", è il suo pensiero, "che una vittoria dei partiti di destra possa essere per molti versi destabilizzante sia per l’Italia sia per l’Europa che per il mondo intero". Noblesse oblige: non capita tutti i giorni che uno studioso americano di così alto rango attribuisca tutto questo peso all'Italia. Stiglitz argomenta parlando del fatto che il governo di centrodestra che potrebbe nascere dopo le elezioni rischia di peccare su due fronti: coerenza con il resto dell'Europa da un lato, incertezza sulle sanzioni alla Russia dall'altro.

Sono lontani i tempi in cui, conversando con Il Sole 24 Ore, nel novembre 2011 il Nobel criticava l'attenzione eccessiva data all'Italia allora affetta dalla crisi dello spread, nel quadro della tempesta dei debiti europei e rifiutava l'idea secondo cui fosse il governo di centrodestra di Silvio Berlusconi la causa della crisi, contraddicendo dunque buona parte della sinistra liberal internazionale di cui è uno dei pensatori di riferimento: "l'austerità da sola è la miglior ricetta per il suicidio di un Paese", dichiarò allora, aggiungendo poi che "è l'euro in crisi, non solo l'Italia" e che il taglio del rating dei Paesi europei, adempienti (Spagna) o meno (Grecia) che fossero alle logiche del Patto di Stabilità dimostrava un accanimento eccessivo da parte delle agenzie anglosassoni che ne erano autrici.

Oggi, invece, Stiglitz parla come un esponente qualsiasi del mainstream di quei tempi e mette in un unico calderone credibilità politica di un governo, policy proposte dai partiti e prospettive geopolitiche e indica nnell'Italia una delle nazioni capaci di attivare il "rischio reale di una crisi del debito globale". Per Stiglitz "il Paese necessita di avere stabilità politica, idee chiare, coerenza di politiche economiche con il resto dell’Europa e credibilità". E l'ipotesi di una riduzione delle sanzioni alla Russia qualora il centrodestra vincesse, come ventilato da Matteo Salvini, è per Stiglitz la "molla" che può rendere l'Italia poco credibile agli occhi dei partner e dei mercati e dunque esposta a crisi di vario tipo, come la scommessa contro il suo debito sovrano.

Spiace constatare che per ragioni politiche un economista di peso e spessore come Stiglitz dimentichi il nesso tra correlazione e causalità. In che modo una mossa del centrodestra sulle sanzioni, che comunque non è detto saranno rimosse o ridotte, possa scatenare un'offensiva finanziaria contro il debito è difficile capirlo. E certamente un discorso sulle sanzioni non è detto che voglia dire, esplicitamente, che un Paese sia disposto a cedere alla Russia: un altro docente americano di peso, un uomo della destra interventista come Edward Luttwak, ha ad esempio dichiarato, conversando con Inside Over, di ritenere utile l'idea di uno stop alle sanzioni per evitare il suuiicidio dell'economia europea ma aggiunto di voler controbilanciare questo con un rafforzamento dell'assistenza militare all'Ucraina.

Inoltre, Stiglitz sembra aver perso nella sua ammonizione la capacità di visione di sistema che lo ha, giustamente, reso uno degli economisti più stimati su scala globale. In passato critico dell'austerità, delle asimmetrie dell'euro e dell'imposizione di regole politiche ai Paesi del Sud Europa, Stiglitz mai ha promosso un j'accuse a un singolo Paese negli anni scorsi. Oggi sembra assecondare il vento europeo di ritirata dalle politiche emergenziali di spesa post-Covid. Ma solo pochi mesi fa diceva che per l'Europa sarebbe stato importante avere negli anni a venire una forte crescita economica, che consenta più flessibilità su Maastricht e le regole. Altro che adesione incondizionata alle regole Ue: Stiglitz, come del resto il governo italiano di Mario Draghi, ne chiedeva la riforma soprattutto riguardo al rapporto deficit-Pil. Del resto, parole dell'economista premio Nobel in un dialogo con Repubblica, "se cresce il Pil al denominatore, nel tempo finirà per ridurre i livelli di deficit e debito a esso parametrati. Oggi in Europa i rischi del non spendere mi sembrano molto più alti che non quelli di un grande e virtuoso piano di spesa".

Infine, per quanto riguarda la discussione sulla competenza e le problematiche di gestione dei rapporti europei di un futuro governo di centrodestra, in caso di vittoria della coalizione guidata da Giorgia Meloni Stiglitz non pare informato sugli ultimi sviluppi: la scorsa settimana Manfred Weber, capogruppo a Strasburgo del Partito Popolare Europeo, è giunto in Italia per incontrare i compagni di partito di Forza Italia e dare il suo endorsement alla coalizione conservatrice; Meloni e il suo Partito dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) hanno votato nei mesi scorsi per eleggere la popolare maltese Roberta Metsola alla presidenza dell'Europarlamento. E per l'Economia la leader di Fdi starebbe pensando, in caso di ascesa al governo, alla nomina del membro del board della Bce Fabio Panetta, vicinissimo a Mario Draghi, per la poltrona di Ministro dell'Economia. Il resto sono profezie di sciagura senza appiglio con la realtà.

E spiace constatare che anche un uomo di stimata competenza e visione di sistema come Stiglitz si lasci trascinare su un terreno che, evidentemente, non è il suo.

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