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La difesa di Gozi non regge: tace su soldi e dà del "fascista"

Il democratico che passa ai francesi non riesce a rispondere alle domande che pongono governo e opposizioni. E il Pd è in imbarazzo

La difesa di Gozi non regge: tace su soldi e dà del "fascista"

Sandro Gozi continua a essere nell'occhio del ciclone per la sua scelta di trasferirsi in Francia alla corte di Macron. E il passaggio dell'ex sottosegretario dem a Parigi per entrare nella squadra di Emmanuel Macron continua a scatenare lo scontro politico. Fra i silenzi imbarazzati di un Partito democratico che inanella errori mediatici su errori mediatici (dopo Gozi, la scelta di Ivan Scalfarotto di andare a trovare in carcere gli assassini del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega), ora il novello funzionario francese si difende. Ma la sua difesa dalle colonne di Repubblica non riesce a togliere i dubbi sul suo trasferimento a Parigi. Se non altro perché oltre a sciorinare le solite accuse sul "fascismo" e sui "periodi bui" del nostro Paese, dimentica completamente una promessa: quella di dire quale sia il suo compenso per il servizio prestato al governo francese.

Il problema però è che non solo non si sa quanto sia pagato Gozi per diventare sottosegretario in Francia. Un gesto che, secondo lui, è un segnale di amicizia con l'Italia e che dovrebbe invece essere un'opportunità per entrambi i Paesi. Ma Gozi non spiega neanche il motivo reale dietro questa scelta. Una decisione che pare che dal Pd nessuno abbia realmente apprezzato, specie i suoi vecchi "datori di lavoro", ovvero Paolo Gentiloni e Matteo Renzi. Che fino ad ora tacciono, forse per paura che questo affare complici ha loro posizione come ex presidente del Consiglio che avevano Gozi in squadra proprio quando Roma e Parigi si accordavano (o negoziavano) pdei punti molto importanti delle rispettive agende politiche. E non è un caso che l'unico ad aver espresso la sua totale contrarietà alla decisione del dem sia stato Carlo Calenda, che da ministro Pd aveva trattato con i francesi per Saint Nazaire e per l'affare Telecom e che in un tweet ha espresso tutto il suo sdegno: "Non si entra in un governo straniero. Non si ratta di un gruppo di lavoro, ma di ricoprire per due mesi nel governo francese la carica che ha ricoperto nel nostro governo, conoscendo posizioni e interessi anche riservati non sempre coincidenti. Semplicemente non esiste".

La difesa dei democratici è sempre la stessa. C'è chi dà del "fascista" a coloro che mettono in dubbio la fedeltà di Gozi e chi parla di nuovo delle ombre russe sulla lega, facendo un paragone fra lì'asse Pd-Parigi e la presunta alleanza tra via Bellerio e Mosca e il caso Savoini, il Russiagate italiano. Ma intanto le risposte alle domande dei critici su Gozi non arrivano.

Quanto verrà pagato? E soprattutto perché Macron in persona si è speso prima per averlo nelle liste di En Marche alle europee e adesso per un posto al governo in attesa di farlo entrare a Strasburgo tra le fila del suo eurogruppo? Tutto tace. E la sua difesa non fa che gettare ancora ombre: ancora più inquietanti.

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