La difesa di Kushner: «Con i russi 4 incontri ma nessuna collusione»

Per tre ore il genero di Trump ha ribattuto alle accuse di essere al soldo del Cremlino

Giorgio C. Morelli

New York «Non sono un colluso, non ho avuto incontri impropri con governi stranieri, né ho fatto affidamento su fondi russi per finanziare le mie attività imprenditoriali nel settore immobiliare privato». Jared Kushner, il genero più potente d'America e il consigliere più ascoltato di Trump alla Casa Bianca, in un documento di 11 pagine diffuso ai giornali americani e consegnato ai senatori della Commissione di Intelligence che lo hanno ascoltato ieri a porte chiuse per 3 ore, ha ribattuto punto su punto alle accuse di spionaggio e di essere al soldo del Cremlino.

«Da parte mia non c'è stata nessuna collusione e non sono a conoscenza che altri dello staff della campagna elettorale lo siano; sono una persona leale e molto impegnata, pur con scarsa esperienza politica, non sono una persona che cerca i riflettori». Così Kushner si è difeso sotto giuramento davanti alla Commissione di Intelligence, con i senatori democratici che lo accusano da mesi di avere avuto ripetuti incontri segreti con alti funzionari del Cremlino e con l'onnipresente ex ambasciatore Sergej Kislyak (richiamo a Mosca due giorni fa), promettendo di alleviare o cancellare le sanzioni alla Russia in cambio di prestiti miliardari per sostenere il suo impero immobiliare che sarebbe in sofferenza per centinaia e centinaia di milioni di dollari.

Il marito di Ivanka ha ammesso di aver avuto quattro incontri con alti rappresentanti del Cremlino; il quarto appuntamento è una novità assoluta e da lui mai ammesso in precedenza. «In un ricevimento dell'aprile 2016, durante le primarie, al Mayflower Hotel di Washington ho incontrato l'ambasciatore Kislyak. Si è trattato di un semplice saluto cordiale con una conversazione durata un paio di minuti. Troppo poco per stabilire una qualsiasi strategia», ha spiegato Kushner ai senatori della commissione, ricordando che era il responsabile della politica estera di Trump e pertanto ha incontrato 15 diversi ambasciatori.

I due incontri russi «segreti e compromettenti» per Kushner, tenuti nascosti fino a poche settimane fa, e rivelati da due scoop del Washington Post e del New York Times, sono del dicembre scorso: con Sergey Gorkov, presidente della Veb (banca statale controllata da Putin in persona e sotto sanzioni Usa), e con l'avvocatessa Natalia Veselniskaja (il 6 giugno 2016), la quale ha lavorato con i servizi segreti russi dal 2005 al 2013. L'avvocatessa è ora una delle rappresentanti legali all'estero dell'Unità Militare 55002, una branca del vecchio Kgb. A questo incontro segreto, al Trump Tower, erano presenti anche il figlio Donald jr. e Paul Manafort (presidente della campagna elettorale di Trump), i quali saranno interrogati domani, sempre a porte chiuse, dalla Commissione di Intelligence.

Intanto il presidente Trump, nel suo immancabile tweet mattutino, ha umiliato ancora una volta il suo ministro della giustizia Jeff Session, definendolo senza tanti giri di parole «un uomo molto tormentato» e addirittura «poco efficiente». La colpa di Session è di essersi ricusato dal Russiagate e di aver esposto il presidente-tycoon a un possibile procedimento di impeachment, con il procuratore speciale Mueller che ora sta scavando tra gli affari privati della famiglia e del gruppo Trump. Le forti critiche contro Session sono un chiaro messaggio per chiedere le sue dimissioni immediate, prima che venga silurato.

Esattamente come è già accaduto all'ex portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, costretto a «dimettersi» sabato scorso, perché incapace di difendere efficacemente il presidente dai continui e violenti attacchi dei corrispondenti alla Casa Bianca, quasi tutti schierati contro Trump. A prescindere. Spicer come è noto è stato rimpiazzato dal finanziere miliardario Anthony Scaramucci, nominato direttore della comunicazione della Casa Bianca.

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