La difesa di Salvini: "La Ong Open Arms voleva farlo cadere". Verdetto a dicembre

Il vicepremier in aula per l'ultima udienza. "Sono pagine nere per la giustizia"

L'arrivo di Matteo Salvini nell'aula bunker di Palermo per il processo Open Arms
L'arrivo di Matteo Salvini nell'aula bunker di Palermo per il processo Open Arms
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Dal nostro inviato a Palermo

Matteo Salvini è rimasto quasi impassibile, mentre di fianco a lui Giulia Bongiorno evocava «troppe pagine nere per la giustizia», pagine nere che somigliano a quelle pasticciate del diario di bordo della nave Open Arms o alle mail mandate «da un'Italia in ginocchio» (e rimaste inevase) all'Ong per capire davvero le condizioni dei 147 migranti a bordo, che per l'accusa sono state sequestrate dal leader leghista in un maledetto Ferragosto del 2019, quando era titolare del Viminale nel governo Conte a trazione Lega-M5s, immortalati in un video raggianti appena prima di scendere. «Non perché fossero liberi, erano felici perché era caduto il ministro dell'Interno», ricorda il presidente della commissione Giustizia del Senato.

Sono lontani gli slogan lanciati da piazza Politeama dai 95 leghisti arrivati a Palermo per solidarizzare con il loro leader, che rischia sei anni «per aver difeso i confini nazionali», nell'aula bunker del carcere Pagliarelli rimbombano solo le parole dell'avvocato leghista («Se chiunque potesse entrare senza regole o controlli regnerebbe il caos e la violenza»), nella sua accorata arringa snocciola tutti le «innumerevoli» soluzioni dalla Spagna a Malta grazie a cui la nave battente bandiera spagnola «poteva far sbarcare i migranti, invece stava bighellonando», opponendo «innumerevoli rifiuti». L'avvocato di Salvini (nella foto) ricorda che bastava compilare un modulo di tre righe manifestando «disagio» per la vita a bordo per poter scendere, dichiarare insonnia o stress, fingere di essere minori anche a 19 anni per toccare terra, «sarebbe bastato mandare una email con moduli già compilati per fare scendere tutti», anche se sulle condizioni a bordo «la competenza era dell'allora ministro dei Trasporti Danilo Toninelli». E invece niente. Nessun allarme. «In quei giorni l'Italia si è messa in ginocchio - ragiona la Buongiorno, e la voce si increspa - E tu sequestrato davanti al carceriere che ti chiede un'email che fai? Volti le spalle?». Fuori Oscar Camps, fondatore di Open Arms, fa spallucce, insiste sui libici «costretti in condizioni disumane, vulnerabili trattenuti per 19 giorni nonostante una situazione fisica e psicologica precaria».

Anche la favoletta del Salvini lasciato solo a decidere è stata smontata, basta leggere i social di Toninelli o le parole di Giuseppe Conte, che «ritenne di scrivere di suo pugno il 14 agosto a Salvini» chiedendo di voler far sbarcare solo i presunti minori, non certo tutti i migranti». Per la Buongiorno fu «un pizzino d'amore per il Pd», di cui da lì a poco sarà partner di governo «per fare capire che la sua linea sull'immigrazione, pienamente aderente ai diritti comunitari, stava per cambiare». Ma quale linea? «Prima redistribuire i migranti con i Paesi Ue, poi farli sbarcare. E ogni azione ha seguito questa linea», ribadisce l'avvocato. I precedenti Diciotti e Gregoretti lo dimostrano. Dal corteo dei metalmeccanici di Roma Conte non replica, si limita a stigmatizzare la piazza leghista definendola «inopportuna» perché «influenza il processo». Speculazioni a cui (non) risponde Salvini, che preferisce mantenere un profilo istituzionale, salvo concedersi un tweet su X a fine giornata: «Il 20 dicembre, il venerdì prima di Natale, scoprirò se per i giudici di Palermo sono colpevole di sequestro di persona perché ho bloccato gli sbarchi clandestini o se ho fatto il mio lavoro. Difendere i confini non è mai un reato. Certo - aggiunge - se siamo in mano a giudici che fanno politica da sinistra pro-migranti e pro-Ong, che cercano di smontare le leggi dello Stato... Ma non mi fate paura». «Una sentenza di condanna non cambierebbe assolutamente nulla», si lascia scappare il legale da Bruno Vespa dopo il Tg1.

E questo è il bivio che la corte guidata da Roberto Murgia deve imboccare, uno scontro tra due diritti. «Ma attenzione a usare a sproposito il termine diritto», è la chiusa dell'arringa della Buongiorno.

«Non esiste quello di scegliere dove e come far sbarcare i migranti, né quello di ignorare le offerte di aiuto né di rifiutare ogni soluzione». Come quando la Spagna si offre e Open Arms risponde «buona notte». Sì, buona notte al diritto.

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