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La differenza tra democrazia e burocrazia che sfugge ai grillini

Diceva il saggio Winston Churchill che "una bugia fa in tempo a compiere il giro del mondo prima che la verità riesca a mettersi i pantaloni"

La differenza tra democrazia e burocrazia che sfugge ai grillini

Diceva il saggio Winston Churchill che «una bugia fa in tempo a compiere il giro del mondo prima che la verità riesca a mettersi i pantaloni». Ad occhio e croce, le bugie sul taglio della rappresentanza parlamentare caro ai grillini il giro del mondo lo hanno già completato, sì che ci ritroviamo oggi al punto di partenza.

Nell'ultima settimana ne abbiamo sentite di clamorose. Abbiamo sentito Giggino Di Maio sostenere che col taglio lineare del 36% del numero dei parlamentari «avremo meno burocrazia». Se ne desume che al giovane ministro degli Esteri sfugga la differenza tra burocrazia e democrazia, e che comunque il suo modello istituzionale di riferimento sia quello in cui a decidere è uno solo. Si chiama dittatura, e nessuno ha mai pensato di giustificarla con la pur sacrosanta lotta alla burocrazia.

Abbiamo sentito il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, sostenere che senza una nuova legge elettorale il taglio dei parlamentari sarebbe «pericoloso per la democrazia». Una bugia iperbolica, equivalente a sostenere che l'origine del cancro stia nella mancanza di cure palliative. Come tutti i più autorevoli costituzionalisti hanno spiegato, infatti, a fiaccare la democrazia è la riforma costituzionale in quanto tale. Perché delegittima il Parlamento presentandolo come un costo inutile, perché riduce la rappresentanza di cittadini e territori, perché esclude dal Senato i partiti di opposizione di intere regioni, perché attribuisce a regioni spopolate come il Trentino Alto Adige lo stesso numero di senatori di regioni col doppio dei cittadini come la Calabria, perché aumenta il potere delle segreterie e delle lobby...

Falsificazioni, bugie, specchietti per allodole. Per ascoltare la verità, basta riavvolgere il nastro delle dichiarazioni politiche. Quando a voler tagliare il numero dei parlamentari era Matteo Renzi, il Movimento 5stelle animò il fronte del No al referendum del 2016 agitando due slogan tanto chiari quanto incontrovertibili: «La democrazia non è un costo», «non si taglia il diritto degli italiani ad essere rappresentati in Parlamento per risparmiare l'equivalente di un caffè all'anno». Quando i grillini governavano con la Lega, il Pd votò contro la menomazione della rappresentanza parlamentare perché, come disse il capogruppo al Senato Andrea Marcucci, «in gioco non c'è il taglio delle poltrone, ma il taglio della democrazia rappresentativa: il Movimento 5stelle vuole semplicemente rendere inutile il Parlamento».

Parole sante, parole tradite da una sfilza di bugie che, emendando Churchill, lasciano con i pantaloni calati non la verità ma chi le pronuncia.

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