Coronavirus

La dignità di nonno Covid: "Fatemi andare"

Un 90enne chiede di dedicare gli sforzi ad altri. La gioia dopo averlo salvato

La dignità di nonno Covid: "Fatemi andare"

Tra il tempo perso e il tempo guadagnato spesso non c'è alcuna differenza. Anche a novant'anni anzi quasi novantuno. Che è un rispettabile cumulo di secondi, di minuti, di giorni, settimane mesi e anni, ammonticchiati sul fondo di una clessidra enorme che sgocciola stancamente gli ultimi granelli di sabbia.

Di quei granelli un uomo del Comasco avrebbe fatto anche a meno. «Dottore, ho fatto tutto quello che volevo nella mia vita ho 90 anni lasciami andare», ha detto l'uomo, con un filo di fiato ma un filone aureo di dignità, al medico che si apprestava a provare a salvargli la vita, dedicandogli attenzioni e cure che lui pensava potessero essere più proficuamente destinate a persone più giovani. Non è andata così - e vi spoileriamo il finale di questa piccola storia allegra - perché la vita è un plot che ogni tanto viene scritto da uno sceneggiatore coscienzioso.

Il medico è Giuseppe Vallo, responsabile di Riabilitazione respiratoria del Lanzo Hospital, una clinica di Alta Valle Intelvi, in provincia di Como. Una piccola struttura solitamente destinata all'ortopedia e alla fisiatria, che nelle ultime settimane ha dovuto dedicare un reparto a presidio Covid.

Di Covid era ammalato il novantenne, a cui Vallo, che racconta la vicenda in un posto su Facebook, si rivolge con il tu: «Sei entrato il 1° novembre nel nostro reparto. Quando ho letto la tua data di nascita ho subito notato che hai solo otto giorni in più di mio papà e quindi presto farai i 91 anni. Il secondo giorno l'ossigenazione era così bassa che ho dovuto metterti un casco cpap con una percentuale di ossigeno del 100 per cento (considerate che quello che respiriamo è il 21 per cento)». È stato in quel momento che il paziente ha stretto la mano al medico e gli ha detto: non perdete tempo con me, non vale la pena.

Valla ovviamente non ha preso in considerazione quella richiesta, anzi ha messo un pizzico d'impegno in più per cercare di salvare quello sconosciuto con la stessa età del papà. «Il tuo sorriso e la tua dignità mi hanno stretto il cuore così forte che mi sembrava che fossi io quello a cui mancava l'ossigeno. Abbiamo lottato insieme, sono riuscito a farti vedere con un telefono i tuoi parenti, gli infermieri si sono presi cura di te, gli oss hanno fatto con amore il loro lavoro, gli addetti alle pulizie hanno pulito sempre la tua camera e oggi dopo 15 giorni ti abbiamo tirato fuori dalla camera intensiva e sei li bello come prima. Hai ripreso a camminare, con l'aiuto super dei nostri fisioterapisti, e cerchiamo presto di mandarti a casa».

Sì, perché alla fine l'uomo che voleva cedere il suo ultimo pezzetto di vita a qualcun altro, è ancora là, per esserselo meritato. «Ci hai ringraziato così tante volte - conclude Vallo - ma la verità è che noi dobbiamo ringraziare te perché tu ci dai la speranza e la voglia di continuare ogni giorno a lottare. Noi abbiamo salvato te e tu hai salvato noi. E io mentre ti accarezzavo la testa per farti coraggio ho visto mio papà e il mio adorato nonno sorridere».

Potete commuovervi, se volete.

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