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"Dilettanti allo sbaraglio, prima l'Ilva poi Atlantia"

L'imprenditore vicentino contro le politiche del Mise: «Per le industrie la vedo malissimo»

"Dilettanti allo sbaraglio, prima l'Ilva poi Atlantia"

«Come imprenditore la vedo malissimo, prima l'Ilva poi l'attacco contro Atlantia a Borsa aperta, dire che questi sono dilettanti allo sbaraglio è dire poco». Massimo Calearo Ciman, 62 anni, non usa mezzi termini nel commentare le dichiarazioni di Luigi Di Maio sulle due maggiori questioni industriali del Paese che mettono in bilico le uniche soluzioni, individuate o in costruzione, in grado di tutelare due asset strategici, quello del trasporto aereo e dell'acciaio.

Vicentino, Calearo Ciman è titolare di un'azienda, la Calearo Antenne, che produce antenne per le principali case automobilistiche e antenne mobili ad alta tecnologia per le telecomunicazioni, dà lavoro a oltre 600 persone ed esporta il 93% del fatturato. È stato deputato Pd (ma da premier, Silvio Berlusconi lo aveva voluto come consigliere personale per il commercio estero), presidente di Federmeccanica e anche della Confindustria di Vicenza.

Secondo lei perché Di Maio ha alzato il livello dello scontro con il mondo delle imprese? Ha una strategia?

«Magari ce l'avesse. Il problema è proprio questo: al Mise si svegliano al mattino e cambiano le carte in tavola da un giorno all'altro. Ma il mercato, e così le aziende, hanno bisogno di chiarezza, di stabilità. Di regole certe».

Lei è un imprenditore del NordEst, dove la Lega è storicamente molto forte in termini di radicamento elettorale. Il fatto che gli strali anti-impresa arrivino dall'alleato di governo sta creando dei mal di pancia sul territorio?

«C'è un vecchio motto degli alpini che dice tasi e tira, taci e tira. Ma esiste un limite a tutto, Matteo Salvini deve stare attento a non tirare troppo la corda. Noi veneti siamo buoni però non siamo stupidi. Viviamo di mercato e non abbiamo bisogno di fantasia, ci servono fatti concreti. Vince il fare. Prenda l'esempio delle Olimpiadi, è stato un risultato straordinario per il governatore Luca Zaia perché ha contato il lavorare insieme, unire le forze anche diverse, per costruire e non distruggere. È una questione di identità».

Gli imprenditori come reagiranno?

«C'è poco da fare: siamo minoranza. Non esiste più un sistema di interlocuzione con il governo come nel passato. Quelli scavalcano tutti, noi e i sindacati, e arrivano direttamente alla gente. Così il sistema va in difficoltà. In Veneto gli imprenditori sono terrorizzati per un possibile aumento dell'Iva, hanno una paura tremenda. E per chi deve investire sulla crescita non c'è peggior nemico dell'insicurezza».

Si aspettava una presa di posizione più netta da parte di Confindustria?

«Io sono stato presidente di Confindustria Vicenza che ha condannato fermamente le parole del ministro Di Maio. A Roma è un altro mondo, è più difficile gestire i rapporti con il governo, bisogna dargli una mano perché vogliamo bene all'Italia. Investiamo sull'Italia. Mentre al ministero dello Sviluppo sembra che vogliano remare contro la crescita, quasi per dispetto. L'ultimo baluardo per noi è il ministro degli Affari regionali e delle Autonomie, Erika Stefani che fra l'altro è di Valdagno, in provincia di Vicenza.

Se ci daranno l'autonomia, il Capitano Salvini qui lo fanno generale».

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