La diplomazia del "click" accelera la geopolitica

È il nuovo stile, il nuovo modello che si era fatto avanti prima di Trump ma che l'inquilino della Casa Bianca ha imposto spingendo sull'acceleratore

La diplomazia del "click" accelera la geopolitica
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Tutto in una notte. Anzi in mezza giornata. Ancor meno, in due ore. Ormai i ritmi della politica estera sono connessi a quelli dei gigabit per secondo, a quelli del Web. Improvvisi, immediati, istantanei. Un assunto diplomatico dura quanto una storia su instagram. Basta uno scatto che ritrae Trump e Zelensky seduti a due passi dal feretro di Papa Francesco per ridestare le speranze di una tregua in Ucraina. Auspici che si consumano in due giorni perché la guerra continua. Ma poi si riparte: il Presidente USA sui social fa capire di essere scocciato del trantran diplomatico; a Kiev (altra foto) i volenterosi Macron, Starmer, Merz e Tusk minacciano nuove sanzioni; Putin per non farsi chiudere in un angolo propone trattative dirette con Kiev; Zelensky - che dopo l'incomprensione iniziale è in sintonia con l'umore americano - lo incalza con la proposta di un faccia a faccia a Istanbul con lo Zar; The Donald si ficca in mezzo e dichiara di essere tentato pure lui dall'idea di andare in riva al Bosforo; e, alla fine, Putin si ritrova di nuovo in un angolo. I tempi della diplomazia del Cremlino, è fatale, sono ancora quelli di Andrej Gromiko, sono quelli degli scacchi non dei videogame. Per cui a 48 ore del time limit turco non si sa ancora se Putin farà una gita nello stretto dei Dardanelli, se in sua assenza Zelensky si farà vedere, più in generale se la trattativa partirà davvero. Di certo c'è che di tregua non c'è traccia e che i soldati muoiono ancora al fronte. A parole si sono fatti passi avanti, ma con il rischio dietro l'angolo di tornare repentinamente indietro.

È il nuovo stile, il nuovo modello che si era fatto avanti prima di Trump ma che l'inquilino della Casa Bianca ha imposto spingendo sull'acceleratore. Uno che la fa facile e pensava di risolvere una guerra di tre anni in 24 ore non c'è dubbio che preferisca i tempi dei super eroi della Marvel a quelli del Metternich ma anche di Kissinger.

È la nouvelle vague, l'esplosione di un nuovo stile visto che se passi dall'Ucraina ai dazi il copione non cambia. Dieci giorni fa la Cina era cattiva, il nemico, l'interlocutore da isolare. Ora, invece, con il Dragone si può parlare perché -il numero uno americano la palma della cattiva l'ha assegnata alla perfida Europa.

È naturale che uno si chieda se la diplomazia alla velocità del Web sia un bene o un male? Qualche dubbio ti assale perché se vuoi - per citare Leone XIV - una pace giusta, autentica e duratura tutte le tappe non le puoi bruciare. Devi seguire la logica diplomatica: ad esempio, concordare una tregua e poi trattare. Ma ormai tutto è legato agli umori del momento, si punta per l'effetto mediatico a chiudere al più presto e per questo non si dà più importanza a chi è l'aggressore e chi l'aggredito. Solo che correndo e ancora correndo rischi di non vedere - o devi far finta di non vedere - chi è il responsabile dello stallo e usa le trattative ad uso militare e alla fine ti accorgi di aver fatto poca strada.

Soprattutto, salti un elemento che è essenziale in una trattativa (per evitare che per una delle due parti si trasformi in resa) cioè che al tavolo tutti debbono temere qualcosa. Zelensky lo ha capito, mentre Putin - per la postura che fino ad adesso Trump ha assunto come pacere - no.

Sono i rischi della velocità che a volte si trasforma in pressappochismo. Solo che se questo è il costume, se è invalso questo modello ci devi stare. Pena è scomparire, essere esclusi, marginalizzati, non contare.

Non puoi tirarti fuori se il mondo corre ad una velocità supersonica. È giusto andare a Washington come pure a Kiev. Anche perché gira che ti rigira, se ne sbagliano mille ma alla fine una si imbrocca. E se in quel momento non ci sei, non sei presente, per citare Trump: sei fuori.

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