Il peccato dei "chierici": raddrizzare il mondo

Il Novecento, il secolo che doveva rappresentare per alcuni il culmine del pensiero illuministico, si è rivelato l'era della tracotanza ideologica e delle tirannie

Herbert Marcuse
Herbert Marcuse
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Christopher Lasch una volta lo scrisse esplicitamente: "Non riesco a immaginare una prospettiva meno attraente di una società composta da intellettuali".

Lasch amava molto spesso dire la propria su questioni di cui sapeva poco o nulla, bisogna ammetterlo. Un sintomo, forse, dell'essere nato in una famiglia politicamente assai attiva e probabilmente anche della sua formazione culturale. Col passare degli anni, però, si rese sempre più conto di un fatto. E cioè che chi è o si ritiene un intellettuale non ha per questo la legittimità di imporre le proprie idee e il proprio programma etico-politico-economico sul resto della società.

In una maniera eccessivamente manichea, Lasch tendeva a opporre irrimediabilmente gente comune ed élite. Per questo e altri motivi, è un autore che viene oggi riconsiderato per leggere e magari provare a capire un po' di quel che succede nelle democrazie occidentali.

Si tratta, insomma, di vedere ciò che c'è di buono o no in autore, senza per questo idolatrarlo. E Lasch, tutto sommato, non aveva la pretesa di possedere la ricetta magica per creare il paradiso in terra: tutt'altro, per chi lo ha letto (magari un po' meno superficialmente di come si fa di solito). Un conto, infatti, è fornire con un pizzico di umiltà qualche chiave di lettura per comprendere eventi, tendenze, mutamenti che hanno luogo intorno a noi.

Altra cosa, invece, è avere la presunzione di detenere la chiave della ragione e pensare così di essere investiti della missione di raddrizzare il mondo. Il Novecento, il secolo che doveva rappresentare per alcuni il culmine del pensiero illuministico, si è rivelato invece l'era della tracotanza ideologica e delle tirannie. Per molti aspetti, l'epoca degli abbagli degli intellettuali, di destra e di sinistra.

Abbagli che dovrebbero insegnare qualcosa, e che invece rimangono pervicacemente tra noi. Basti vedere quanti, anche se con altri termini, auspicherebbero un "Grande Rifiuto" à la Herbert Marcuse: annientare il sistema capitalistico per ricostruire il mondo non si sa bene in base a quale piano. "Le persone - scrive - si riconoscono nelle loro merci; trovano la loro anima nella loro automobile, nel giradischi ad alta fedeltà, nella casa a due piani, nell'attrezzatura della cucina. Lo stesso meccanismo che lega l'individuo alla sua società è mutato, e il controllo sociale è radicato nei nuovi bisogni che esso ha prodotto". È "L'uomo a una dimensione".

A parte il fatto che il capitalismo, o l'innovismo, come hanno scritto tra gli altri Deirdre McCloskey e Alberto Mingardi, è l'antitesi di quel che s'intende per sistema, e cioè qualcosa che viene razionalisticamente architettato a tavolino, siamo davvero sicuri che qualche manipolo di intellettuali possa conoscere ciò che è meglio per tutti? Siamo al livello dei deliri dei grandi pianificatori sociali, di destra o di sinistra poco importa. Dev'essere inebriante sentirsi di dovere indicare la direzione giusta per l'umanità.

Il prezzo è però sempre il medesimo: conculcare la libertà degli altri.

Ma che se ne fa il vero credente di questo, se il prezzo è la rinuncia al sogno di un mondo migliore? "Insegniamo a diffidare dei modelli e delle utopie, a respingere i profeti di salvezza e chi annuncia catastrofi", ammoniva Raymond Aron.

L'unico buon intellettuale, forse, è quello che sa non prendersi troppo sul serio.

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