Cronache

Una donna a Wall Street. L'ex stagista diventa boss nel tempio degli uomini

Stacey Cunningham presidente della Borsa di New York: non era mai successo in 226 anni

Una donna a Wall Street. L'ex stagista diventa boss nel tempio degli uomini

«Volete sapere com'è il rumore dei soldi? Andate in una sala operativa di Wall Street. Fanculo qua, merda là, fica, cazzo, stronzo. Non ci potevo credere che quei tizi si parlassero così. Ne fui conquistato in pochi secondi». La spiega in questo modo Leonardo Di Caprio, in arte Jordan Belfort, broker, la sua passione per la Borsa in The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese. Fiumi di adrenalina, zero convenevoli e una abbondante dose di testosterone, tanto che appena cinquant'anni fa - è il 1967 - al floor non c'è nemmeno un bagno per le donne quando Mariel Siebert rompe il tabù e prende un posto al New York Stock Exchange, prima e unica di 1365 maschi per i successivi dieci anni. Ora però anche la Borsa di New York (Nyse) vuole dare prova di rinnovamento e attenzione alla parità di genere e in una mossa simbolica affida per la prima volta nei suoi 226 anni di storia la guida della Borsa valori più grande al mondo (1,5 miliardi di azioni scambiate quotidianamente solo l'anno scorso) a Stacey Cunningham, che da venerdì sarà la presidente numero 67 al posto di Thomas Farley.

Figlia di un intermediario finanziario, 43 anni, Cunningham entra in Borsa nel 1994, ventenne, da semplice stagista e fino ad allora studentessa universitaria in Ingegneria industriale. Al floor la porta per la prima volta il padre, intermediario finanziario. E rievocando Di Caprio, al netto delle espressioni più volgari, lei stessa racconta al Financial Times: «Mi sono innamorata subito di quel posto. Appena ci ho messo piede, ho pensato: è quello che voglio fare». Da allora è un'ascesa inarrestabile ma discontinua, interrotta nel 2005 da un «congedo culinario», come lo chiama lei: nove mesi di corso di cucina, l'altra grande passione della Cunningham, di cui sei settimane in una professionale, dove grazie alla sua esperienza in Borsa, non si stupisce di urla e battutacce. Fra il 2007 e il 2012 anche un passaggio al Nasdaq, l'indice dei principali titoli tecnologici che dall'anno scorso è guidato da un'altra donna, Adena Friedman. Poi il ritorno alla Borsa di New York e in meno di dodici mesi una sfilza di promozioni: capo delle vendite, capo del management e poi Chief Operating Officer (Coo). Artefice della svolta tecnologica del floor, dall'epoca delle urla e dei mimi a quella dei computer, Cunningham racconta di essersi ispirata proprio alla Siebert, a quelle parole inequivocabili pronunciate dalla prima donna a rompere il muro di maschilismo nel tempio della finanza mondiale: «Non sono autorizzata a stare lì, ma andrò e lo farò lo stesso». Tenace quanto la Siebert, che riesce a far aprire un bagno per le donne (allora solamente al settimo piano) anche al floor, al posto di una cabina telefonica, mentre alla toilette degli uomini ci sono divani lussuosi e pure un inserviente fisso a disposizione. Da quel momento, in realtà, le donne nelle principali 500 società finanziare, secondo Standard&Poor's sono la metà della forza lavoro ma solo il 2% riveste l'incarico di amministratore delegato.

Anche Cunningham vuole abbattere i pregiudizi più comuni sulla finanza e scardinare l'idea che la Borsa sia un luogo «per fare ricchi i più ricchi» mentre lei la considera invece il posto delle grandi opportunità. Anche per le donne, per cui l'insegnamento principe - dice lei - è: seguite le vostre passioni, non fatevi condizionare dai pregiudizi. Della Borsa spiega: «È un ambiente che assomiglia molto a quello delle cucine, soprattutto nel modo di interagire con i colleghi. Tutti sanno che non bisogna prenderla sul personale. Ci si batte aggressivamente e a fine giornata tutti insieme a bere una birra». Altro insegnamento rubato dal lavoro tra i fornelli: essere concisi e diretti. Infine: «Prendersi la responsabilità dei propri errori e rimediare in fretta.

Non c'è tempo di fare diversamente, se ci provi rischi di fare anche peggio».

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