Paolo BracaliniDai provini (bocciato) ad Amici di Maria De Filippi ai maldestri tentativi canori, all'impegno da cooperante con zainetto nella giungla del Guatemala fino alla Camera dei deputati, con zero esperienza politica eppure già star del M5S insieme all'altro promesso leader della fase post-Grillo, il campano Di Maio. Li divide il look: «Sì è vero, mia madre mi ha detto perché non ti vesti come lui? che è sempre impeccabile, cura ogni dettaglio a differenza mia», racconta Alessandro Di Battista, anche detto «Il Dibba, intervistato dal settimanale di gossip Visto. È arrivato in Parlamento nel 2013 sull'onda dello tsunami elettorale M5S, un signor nessuno come tutti gli altri che però, in poco tempo, è riuscito a emergere sul mucchio (con apprezzamenti trasversali: gli intellettuali di Repubblica si chiedono «perché non è del Pd»?, mentre Berlusconi gli riconosce di essere «molto abile in televisione»).E pensare che poco prima di entrare a Montecitoro era ancora a girare il Sud America in jeans e maglietta per realizzare un libro commissionatogli dalla Casaleggio Associati, la ditta del profeta Cinque Stelle attorno a cui già orbitava e ancora orbita il belloccio grillino dalla chiacchiera facile. «Ho viaggiato due anni in autostop in America latina per raccogliere storie di cittadini che hanno lottato per i propri diritti. Quindi dopo vorrei tornare proprio a fare questo: raccontare e scrivere. In effetti penso che il mestiere del giornalista sia il più bello al mondo» racconta il Dibba, dimostrando di non sapere granché del giornalismo.Il suo sogno? «Dare un reddito di cittadinanza a tutti». Nel frattempo lo ha garantito a se stesso, da disoccupato (nella scheda della navicella parlamentare, nello spazio dove si indica il mestiere, indica «scrittore») a onorevole con 3.200 euro di indennità più diaria e rimborsi spese vari (pure quello per la «trasferta» a Roma, dove peraltro vive). Si è capito che ci sapeva fare dopo una brillante intervista tv nel 2014, che gli ha fatto pure trovare la fidanzata, la bionda Ana, moldava: «Stiamo insieme da due anni, l'ho conosciuta sul treno da Milano a Roma - dice a Visto, che indaga sulla vita privata - Avevo appena finito un'intervista tv che mi aveva fatto Daria Bignardi. Lei è salita a Bologna. La sentivo al telefono parlare russo. Mi ha colpito la sua bellezza e l'ho rimorchiata: per fortuna parlo qualche parolina di russo. Poi l'ho invitata a cena e ora eccoci qui, dopo due anni, a vivere assieme. Ma per il momento non pensiamo al matrimonio, né ad avere figli».Il curriculum lo colloca senza dubbio nella galassia della sinistra-ambientalista-terzomondista alla romana. Progetti produttivi nelle comunità indigene del Centroamerica, in Cile a sostenere la lotta del popolo Mapuche, poi in Bolivia per occuparsi di sovranità alimentare e condizioni di vita dei minatori, quindi nel lebbrosario di San Pablo in Amazzonia, poi di nuovo in Guatemala a studiare l'impatto dei progetti Enel, in Ecuador per gli orti urbani e la «giustizia indigena», a Kinshasa (Congo) attorniato dai bambini africani per fare volontariato sul microcredito, tra onlus e associazioni no profit. Un Jovanotti in versione grillina.Anche se le origini familiari sono di tutt'altro, con il padre Vittorio, imprenditore nel campo delle ceramiche a Civita Castellana (Viterbo) che ha militato nel Msi e poi fondato la sezione locale di An prima di mollarlo perché troppo moderato e passare a destra con la Fiamma Tricolore (ad un raduno M5S ha messo in difficoltà il figlio quando ad una telecamere ha detto: «Io di destra? No di destra proprio no, sono fascista. È un'altra cosa»). Il Dibba ormai è politico navigato e alla domanda sei sia di destra e sinistra la sfanga come un vecchio Dc: «Tutti se lo chiedono. Ma fondamentalmente penso a soluzioni logiche. Sanità, acqua, trasporti, istruzione e una casa per tutti.
Questi sono diritti umani e lo Stato dovrebbe garantirli a tutti: non si tratta né di destra né di sinistra». Grazie alla tv, dove calibra le apparizioni, è diventato un personaggio. La gente lo ferma per strada. Ma solo in tre lo hanno insultato in questi anni, «vi giuro tre di numero».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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