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Draghi chiama McKinsey. E scoppia la prima grana

Consulenza sul Recovery. Il Mef: "Siamo in ritardo sul Piano e il tempo stringe, costo 30.500 euro"

Draghi chiama McKinsey. E scoppia la prima grana

Il tenore delle polemiche si era troppo arroventato perché il ministro dell'Economia, Daniele Franco, e quindi il premier Mario Draghi non si affrettassero a spiegare. L'arruolamento di McKinsey come consulente per la stesura del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), anticipato da Radio Popolare, aveva scatenato la solita indignazione a orologeria della sinistra di governo e l'ironia di Fratelli d'Italia sull'opportunità di affidarsi a esperti esterno per il cosiddetto «esecutivo dei migliori». E così ieri pomeriggio una nota di Via XX Settembre ha precisato che «la governance del Pnrr italiano è in capo alle Amministrazioni competenti e alle strutture del Mef che si avvalgono di personale interno degli uffici».

L'amministrazione «si avvale di supporto esterno nei casi in cui siano necessarie competenze tecniche specialistiche o quando il carico di lavoro è anomalo e i tempi di chiusura sono ristretti, come nel caso del Pnrr». L'attività di supporto richiesta a McKinsey «riguarda l'elaborazione di uno studio sui piani nazionali Next Generation già predisposti dagli altri paesi dell'Ue e un supporto tecnico-operativo di project-management per il monitoraggio dei diversi filoni di lavoro per la finalizzazione del Piano». Il contratto con McKinsey, conclude la nota, «ha un valore di 25mila euro +Iva» ed è stato affidato direttamente perché al di sotto della soglia per indire una gara.

L'eccezione alla consueta riservatezza nelle comunicazioni, che è la cifra del governo Draghi, tradisce un po' la difficoltà che stanno incontrando il premier, il ministro Franco e gli staff ministeriali capeggiati da Carmine Di Nuzzo, dirigente della Ragioneria generale dello Stato alias «Mister Recovery». Il tempo è poco perché la bozza deve essere approntata entro fine aprile per l'approvazione della Commissione Ue e, quindi, un rinforzo esterno è utile, per di più se dotato delle competenze necessarie. Tra le varie analisi prodotte da McKinsey si annovera Shaping the digital transformation in Europe («Dare forma alla trasformazione digitale in Europa»), un pamphlet pubblicato dalla Commissione Ue lo scorso settembre come vademecum per i Recovery Plan nazionali in tema di transizione digitale e di investimenti appropriati allo scopo. Oltretutto, le società di consulenza sono tradizionalmente impegnate nelle valutazioni di impatto delle policy, compito che Bruxelles chiede a tutti i piani di ripresa. L'Italia deve schematizzare per ognuna delle sei aree di competenza del Pnrr la destinazione dei 209 miliardi complessivi (82 miliardi a fondo perduto e il resto in prestiti), scrivere il cronoprogramma della realizzazione degli investimenti e delle riforme e stabilire come essi influiranno sulla crescita del Pil. L'aiuto di McKinsey per la modica cifra di 30.500 euro Iva inclusa (meno di un ventesimo degli onorari richiesti alle società che le ingaggiano per la stesura dei loro piani; ndr) è, perciò, da ritenersi prezioso.

Eppure l'ex ministro Francesco Boccia (Pd) ha definito «grave» il coinvolgimento della società di consulenza. Il suo collega di partito ed ex ministro pure lui, Peppe Provenzano, ha chiesto al governo di «chiarire» sollecitando la successiva precisazione. Restano due questioni tra le righe. La prima è oggettiva: Boccia e Provenzano sono coloro che hanno invitato Matteo Renzi a non criticare eccessivamente l'ex premier Giuseppe Conte in quanto intendeva creare una task force gestita da 6 manager e 300 persone per lo sviluppo del Recovery Plan. Evidentemente, ci sono staff che lavorano al Pnrr che vanno più o meno bene a seconda del «colore» politico. Il Tesoro ha fatto informalmente sapere che McKinsey già collabora con i ministeri e ha aiutato il governo Conte con il dl Ristori e lo stesso Provenzano nella prima stesura del Recovery Plan. La seconda questione è soggettiva nel senso che attiene alle valutazioni di Draghi e di Franco.

Se hanno guardato a McKinsey, evidentemente nei ministeri ci sono competenze che scarseggiano.

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