Estate draghiana. L'istinto di sopravvivenza ti suggerisce di chiudere il Palazzo e scappare al mare, lontano da chi si lagna perché non ha nulla di più fresco da fare. Deve pensarla così anche Mario Draghi, in una giornata che se non fosse sfibrante avrebbe perfino lati comici. Ti pare che bisogna vedersi a mezzogiorno, come in un western spaghetti, con le sopracciglia sudate, il colletto della camicia inamidato e la pistola scarica. Non è un duello, ma uno spettacolo di pupi, con mezzo passo avanti e tre indietro e poi una riverenza finale. Draghi incontra Giuseppe Conte e vorrebbe solo chiedergli: ma tu cosa vuoi da me? L'altro invece mette in scena il gioco delle rimostranze. «Serve discontinuità». «C'è un forte disagio». «Aspetto una risposta entro luglio». Qui ci vorrebbe un «sennò che fai?». E invece no, tocca sopportare, mandando avanti questo governo che ogni giorno che passa fa noia a se stesso, dove ognuno galleggia in un tempo sospeso in attesa delle elezioni. Ci vorrebbe un senso per andare avanti, la voglia sincera di tirare fuori questo Paese dalle secche in cui si è arenato, sotto un cielo disgraziato. Questa è una maggioranza senza energia.
Conte si è presentato con la sua letterina e di fatto è un invito a non fare nulla. Galleggia Mario galleggia. Come a dire: fai come me. La ricetta di ciò che resta dei Cinque Stelle per governare è una lista di no. Non toccare nulla. Il reddito di cittadinanza? Non si tocca. Il superbonus? Idem. Il decreto dignità? Vedi sopra. E poi soldi, soldi, soldi. Non importa come e dove. È l'assaggio di quello che accadrà con la legge di bilancio. L'esempio più nitido riguarda l'emergenza gas. Come si risolve? Non è un problema di Conte. L'importante è tenere spente le trivelle. «Non siamo disponibili a favorire investimenti nelle infrastrutture». L'unica strada è chiedere la grazia a Putin. Ora tutto questo non è che Draghi non se lo aspettasse. È la fiera delle bandierine che non si possono toccare o di riforme da mettere in mostra prima del voto. Il presidente del Consiglio ha passato gli ultimi mesi a sminare le richieste fuori programma dei partiti. Si è creato nel governo una squadra di artificieri, si pensi a Giorgetti e Di Maio, per disinnescare i fuochi fatui di chi deve ricordare agli altri che in fondo in fondo è ancora vivo. Tutto questo politicare ha però un costo: rallenta il resto. Appesantisce di chiacchiere un governo che dovrebbe pensare solo a risolvere la crisi più profonda dell'Italia repubblicana. Era questa la missione di Draghi. Lo hanno invocato quasi come uomo della provvidenza e su di lui è stata costruita una maggioranza anomala, con il Pd che si siede con la Lega, con Renzi e Letta costretti ancora a sopportarsi. Tutto perché Draghi rappresentava l'ultima speranza. Ora però te lo chiedi se questa avventura abbia ancora un senso. È chiaro che senza la guerra si stava già a contare i voti e magari c'era chi sospirava per il pareggio o chi, trovando finalmente un minimo di armonia, si assumeva finalmente la responsabilità di governare. La guerra invece tiene a bagnomaria questa legislatura e dà altri giorni da parlamentare al popolo disperso dei peones.
È arrivato però il momento di chiedersi chi si avvantaggia da questo tempo sospeso. Non è un caso che i grillini di Conte si limitino ad abbaiare. I Cinque Stelle sarebbero i primi a pagare per le elezioni anticipate. Sono alla deriva e a brandelli. La sola speranza che hanno è di riuscire a riorganizzarsi in qualche modo nei prossimi mesi. L'impresa è già disperata. Lo stresso Pd fatica a individuare una strategia vincente, con il «campo largo» che si fa Ulivo, rincorrendo gli anni perduti. Se c'è qualcuno a cui conviene invece mettere fine a questa avventura è il «centrodestra». Non c'è un motivo elettorale per cui Forza Italia e Lega debbano accanirsi a tenere in vita il governo Draghi.
C'è un motivo politico, di responsabilità, non di interesse. Il disagio a questo punto è più che altro loro, con la fatica oltretutto di doversi sorbire gli asfissianti ricatti di Conte o le rivendicazioni di Letta.Allora se il gioco è solo questo tanto vale finirla qui.
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