Draghi ricomincia. Oggi il Cdm (con alleati e congiurati)

Chiusa la corsa al Colle, l’ex Bce riprende le redini del governo. E oggi vedrà anche chi ha tramato contro di lui

Draghi ricomincia. Oggi il Cdm (con alleati e congiurati)

Oggi alle 16, dopo un’intera settimana di battaglia per il Quirinale, la maggioranza di governo tornerà nuovamente a sedersi al tavolo del Consiglio dei ministri. A presiederlo, ovviamente, Mario Draghi. Sul cui nome si è spaccata trasversalmente la politica tutta e in particolare proprio i partiti che sostengono l’esecutivo (come è noto Giorgia Meloni non ha posto alcun veto sull'ex Bce al Colle, anzi ne sarebbe stata contenta).

Il premier, insomma, siederà davanti ai suoi congiurati. O, almeno, a una parte di loro, visto che due dei leader di partito che più hanno spinto per boicottare le aspirazioni quirinalizie di Draghi non partecipano al Consiglio dei ministri. Matteo Salvini e Giuseppe Conte, infatti, non avrebbero accettato di vedere l’ex Bce sul Colle per nessuna ragione. E hanno fatto quanto in loro potere per impedirlo. Ragioni prepolitiche, perché in questa decisione – presa a monte e non certo durante la settimana di confronti e trattative quirinalizie, mentre i grandi elettori votavano – gli schemi tradizionali e le tattiche di partito e di governo contano relativamente. Anzi, pur partendo da punti di vista diversi, sia Conte (fin dall’inizio) che Salvini (alla fine) hanno visto nel Mattarella bis la migliore delle soluzioni possibili. È da qui che bisogna partire per fare il punto del grande gioco di veti che per sei giorni di votazioni ha bruciato non solo l’ex Bce (che poi in partita non è davvero mai entrato) ma anche ogni alternativa possibile, finendo poi sulla riconferma del capo dello Stato uscente.

Oggi, dunque, Draghi dovrà riprendere il filo del discorso guardando in faccia i suoi cospiratori. Non Salvini, certo. Perché i ministri leghisti che siedono in Consiglio dei ministri – Giancarlo Giorgetti in primis – non hanno né sostenuto né compreso la linea del leader. Anzi, dentro il Carroccio i malumori per la gestione della corsa al Colle sono oltre il livello di guardia, con i governatori del Nord che – tornati a casa – non lesinano critiche durissime. D'altra parte, non è un mistero che dentro la Lega ci fosse una potentissima spinta per Draghi al Quirinale. Ed è anche per questo – e per non darla vinta alla Meloni – che Salvini ha deciso di correre nella direzione opposta. Oggi, non ci sarà neanche Conte. E certo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non è ascrivibile al gruppo dei cospiratori. A differenza del ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli. O, fronte Pd, di Dario Franceschini e Andrea Orlando. Il ministro della Cultura è certamente uno dei vincitori della sfida quirinalizia, da sempre sostenitore del bis. Diverso il discorso dei ministri di Forza Italia. Renato Brunetta, Mariastella Gelmini e Maria Carfagna, infatti, non hanno certamente congiurato contro il trasloco di Draghi al Colle, anche perché non hanno partecipato in alcun modo alla gestione della trattativa, completamente nelle mani di Antonio Tajani e Licia Ronzulli. È indubbio, però, che i tre non saranno troppo delusi dal bis, forse l’unica soluzione che tiene in piedi il governo.

Un esecutivo che, nonostante Draghi abbia perso la partita per il Quirinale, potrebbe uscire rafforzato da questa settimana sulle montagne russe. Sia perché il premier non ha alcuna intenzione di concedere spazi a chi lo ha cannoneggiato sulla via del Colle, sia perché l’argomento usato da chi gli ha remato contro non lascia adito a dubbi.

"Draghi deve restare dov’è perché è l’unico in grado di tenere insieme il governo, il migliore dei premier possibili", hanno ripetuto tutti. E al "migliore dei premier possibili", almeno per i prossimi mesi, sarebbe curioso imporre diktat o, eventualmente, rimpasti.

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