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Droga, eolico e politica: gli affari del clan

La famiglia calabrese Arena è una delle più potenti e violente del panorama nazionale

Droga, eolico e politica: gli affari del clan

Dalla guardiania dei cantieri ai soldi per gli immigrati, passando dai villaggi turistici a uno dei più grandi parchi eolici d'Europa per estensione e potenza erogata con le sue 48 pale eoliche, oggi sotto sequestro perché secondo gli inquirenti era in mano alla famiglia Arena di Isola Capo Rizzuto, una delle più potenti e sanguinarie cosche calabresi, che per anni è stata in guerra con i Nicoscia, salvo poi fare pace - come dicono le carte dell'inchiesta Johnny sul Cara di Isola - in nome del denaro.

Una faida che vide il suo culmine nel 2004, quando il boss Carmine Arena venne ucciso da un colpo di bazooka sparato contro l'auto blindata che lo stava riportando a casa. Non un inedito nella guerra di 'ndrangheta, come non fece notizia al tempo il minuto di raccoglimento per onorare il boss morto in occasione della partita di calcio Strongoli-Isola Capo Rizzuto.

Morto un boss se ne fa un altro. E infatti il nipote di Carmine, Pasquale Arena, da dirigente dell'ufficio tecnico di Isola Capo Rizzuto e grazie a un sofisticato sistema di investimenti nascosti da intricate alchimie finanziarie era riuscito a gestire proprio il parco eolico Wind Farm di Isola. Secondo il tenente colonnello Michele Di Nunno del Gico di Catanzaro Pasquale Arena era «l'uomo del clan nella pubblica amministrazione» ed è ancora alla sbarra insieme ad altre 23 persone per abuso d'ufficio, falso e interposizione fittizia di quote societarie.

La politica, oltre a armi e droga, è infatti l'altro pallino degli Arena, che nel 2006 riuscirono a «comprare» in Germania la vittoria del senatore Pdl Nicola Di Girolamo, eletto tra gli italiani all'estero. Anche sull'elezione del sindaco antimafia di Isola Capo Rizzuto Carolina Girasole si addensarono le nubi del voto mafioso, ma il processo si risolse in un nulla di fatto.

I

tentacoli della cosca sono molto attivi anche in Emilia-Romagna, dove gli uomini della famiglia Arena secondo le indagini fanno affari attraverso società intestate a prestanome attive nell'autotrasporto e nel movimento terra.

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