Dubbi e depistaggi: verità sempre più lontana

Le tesi egiziane non reggono e i nostri investigatori al Cairo trovano poco aiuto

Dubbi e depistaggi: verità sempre più lontana

Dubbi, depistaggi, poca collaborazione, precedenti. Più passano i giorni dal brutale omicidio di Giulio Regeni in Egitto più diventa concreta la sensazione che mai si arriverà a una verità totale sulla morte del ricercatore friulano. Troppi i punti oscuri sulla vicenda, troppi gli interessi di parte perché quella che emergerà altro non sarà che un verità parziale o peggio ancora di comodo. In un Paese dove l'omicidio non è affatto un'eccezione ma anzi una triste consuetudine che, troppo spesso, rimane senza colpevoli.Solo ieri si è appreso che è stata annullata la condanna a 15 anni all'agente di polizia ritenuto colpevole della morte dell'attivista di sinistra Shaimaa Sabbagh, uccisa lo scorso anno durante una manifestazione in piazza Tahir. La giovane era diventata il simbolo delle repressioni di stato in Egitto ma dopo un anno, la Corte di cassazione egiziana ha revocato la condanna e ordinato che si tenga un nuovo processo. Un fatto che nulla centra con il caso Regeni ma che certo non induce all'ottimismo. Dal Cairo peraltro, arrivano pessime notizie per il pool di investigatori italiani che indagano sulla sua morte. Le attività infatti andrebbero a rilento tra mille difficoltà, arrivando a un vicolo cieco ogni qualvolta spunta l'ipotesi di un coinvolgimento delle forze di polizie egiziane. Dal Cairo la pista portata avanti resta quella di un caso di delinquenza comune ma tutto ciò che è emerso finora racconta un'altra verità. Ci sono le testimonianze di giura che Giulio è stato fermato, perquisito e portato via da agenti di polizia in borghese. C'è il giallo del suo telefonino misteriosamente sparito. Ma, soprattutto, c'è quanto è emerso dall'autopsia. Dettagli inquietanti: orecchie mozzate, unghie strappate, fratture multiple fino alle scariche elettriche sul corpo. Metodi brutali, violenti e da professionisti che solo squadracce paramilitari, probabilmente accreditate in qualche modo dalle forze di polizia «ufficiali».

E torture di quel tipo non possono che essere riconducibili a qualcuno che aveva interesse a sapere qualcosa, qualcuno che sospettava e che pensava che Regeni non fosse un semplice ricercatore con la passione della scrittura e degli ambienti sindacali. Qualcuno che ora ha tutto l'interesse a tornare in quel sottobosco di illegalità senza venire tirato in ballo da nessuno, tanto meno da un investigatore straniero.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica