Sotto i piedi, schiacciato, vilipeso, umiliato. Se davvero sono i «fascisti del terzo millennio» quelli che hanno fomentato la rivolta contro i rom a Torre Maura, c'è almeno un gesto, forse quello che ha fatto più scalpore, con la gente che calpesta e schiaccia i panini destinati agli «ospiti indesiderati», che fa a pugni proprio col fascismo. Lo ha ripreso, in una diretta Facebook, il responsabile per il Lazio di Casapound, Mauro Antonini. Rimarcando l'esasperazione della popolazione per la presenza dei rom, non la gravità anche simbolica del gesto.
Eppure la sacralità del pane era un assioma fascista. Lo slogan «rispettate il pane», per dire, era un must del Ventennio, e sotto la frase, immancabile, riportata su targhe e scritte murali, c'era sempre la firma di Benito Mussolini. Che al pane dedicò anche una poesia, la «preghiera del pane». Un componimento che, appunto, raccomandava innanzitutto il rispetto di questo alimento di base, definito «sudore della fronte, orgoglio del lavoro, poema di sacrificio», e invitava non certo a offenderlo bensì a onorarlo e soprattutto a «non sciuparlo», in quanto «ricchezza della Patria» e «santo premio alla fatica umana».
E va bene che si era nel secondo millennio (anno 1928, per la precisione, mese di gennaio) e non nel terzo, e che a Roma le politiche dell'accoglienza e i campi rom non erano affidati in gestione alla Raggi e alla giunta pentastellata, però, sostanzialmente, nessuno avrebbe schiacciato panini nel nome del duce allora, e nessuno che si
ispiri a quell'esperienza, anche solo come solco culturale, dovrebbe farlo ora. Mussolini si faceva immortalare a Sabaudia mentre trebbiava il grano a torso nudo: quanto è successo a Torre Maura lui non lo avrebbe approvato.
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