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Pure la base contesta Di Maio: "Ma la Nato non era criminale?"

I militanti furiosi contro la svolta filoatlantica che smentisce il programma elettorale votato un anno fa

Pure la base contesta Di Maio: "Ma la Nato non era criminale?"

«Se ti pieghi anche tu alle menzogne della Nato, degli Usa, dei francesi, degli inglesi senza mostrare un briciolo di sovranità perderai il mio voto e quello di tutti gli altri», è l'avvertimento lanciato da un militante, Giuseppe, sulla pagina social del Movimento cinque stelle. Messaggio diretto a Luigi Di Maio.

La base ribolle sotto le giravolte di un movimento anti europeista e anti atlantista che esattamente un anno fa, era il 17 aprile, faceva votare agli iscritti su Rousseau il «programma estero». Il cui punto cardine era un «ripensamento» totale della Nato a partire dalle basi Usa sul territorio italiano. Un'ostilità all'alleanza atlantica insita nel dna del grillismo, che il deputato Manlio Di Stefano sintetizzava così per tutti: «La Nato gioca con le nostre vite. Il M5s si oppone da sempre a questa immonda strategia della tensione e chiede la partecipazione dell'Italia sia ridiscussa e sottoposta al giudizio degli italiani». Era uno dei referendum ipotizzati, insieme a quello dell'uscita dall'euro.

Ora quella stessa forza politica anti Nato ed euroscettica ha un capo politico, Di Maio, che si presenta al Quirinale col volto rassicurante di chi vuole guidare il Paese ed esprime sostegno a ciò che è sempre stato demonizzato: «Restiamo a fianco dei nostri alleati». E che esorta l'Unione europea a «farsi vedere compatta e unita». Una doccia fredda sulla base dura e pura. Il riposizionamento, tanto gradito al Colle, ha l'effetto di un capogiro per i militanti delle origini: «Luigi scusa se te lo dico, ma dovevi dire ciò che ha detto Salvini», gli rimprovera Giancarlo. «M5s sta con i criminali della Nato? Alle prossime elezioni sparirete». «Spero vivamente che non siano parole di Di Maio queste, a fianco degli alleati, mentre assaltano un paese sovrano». Ecco, la sovranità: è il primo dei punti del manifesto della politica estera grillina, che ripudia «ogni forma di colonialismo, neocolonialismo e ingerenza straniera», e che indirettamente sostiene la legittimazione di Bashar Al Assad. Parole che ora riecheggiano nella base che grida, programma alla mano, «giù le mani dalla Siria!». Nell'elenco delle promesse a cinque stelle c'era infatti anche un atto d'accusa che racchiudeva tutto lo spirito anti atlantico che scorre tra i pentastellati: «I nostri governi hanno distrutto intere popolazioni, come quella siriana, seguendo l'interventismo occidentale della Nato, cui l'Italia ha colpevolmente prestato il fianco rompendo le relazioni diplomatiche con Damasco».

Un anno fa lo stesso Di Maio, commentava così il raid missilistico degli Stati Uniti contro la base militare di Shayrat, deciso dal presidente Trump: «Tenete presente che i missili lanciati dagli Stati Uniti ci costano circa 60 milioni di dollari. Se avessero sganciato 60 milioni di dollari in banconote verso le popolazioni in difficoltà, non le avrebbero aiutate di più?». Acqua passata. Oggi il candidato premier «parla come Gentiloni», gli scrive un militante.

Metamorfosi compiuta.

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