I cambi di casacca non fanno più notizia. L'indignazione per le «sliding doors» del Senato, per le conversioni improvvise sulla via delle riforme, per quel valzer infinito che ai tempi di Silvio Berlusconi veniva tacciato, nel migliore dei casi, come tradimento del mandato popolare e oggi viene presentato come scelta di responsabilità e di coscienza, fa fatica ad emergere e trovare adeguata rappresentazione sui media. Sotto traccia, però, la «grande trattativa» continua. Le voci si rincorrono e ogni giorno nei corridoi di Palazzo Madama circolano nuovi nomi di senatori volenterosi pronti a sposare la causa del ddl Boschi e consentire la prosecuzione della legislatura in cambio di promesse di lunga vita parlamentare e magari di una candidatura nelle liste del Pd. Maurizio Gasparri promette «nomi e cognomi di questi turpi traffici», ma nel frattempo l'onda trasformista continua a propagarsi, per la rassegnazione e lo stupore degli elettori.
Una prima ammissione della «compravendita» in corso arriva anche dalle file del Pd e in particolare dalla minoranza del partito. Un piccolo salto in avanti visto che finora erano stati solo il centrodestra e il Movimento 5 Stelle a tentare di accendere i riflettori sulle improvvise adesioni al partito renziano, non sempre dettate da nobili motivi. È Alfredo D'Attorre a dire la sua su quel che sta accadendo a Palazzo Madama, tra promesse e telefoni roventi. «Siamo dentro un grande paradosso. Discutiamo con il governo una riforma che attiene al Parlamento. Renzi dice che ha i numeri? Evidentemente si stanno facendo delle interlocuzioni con singoli senatori che esulano dal dibattito tra forze politiche. Qualche senatore sta prospettando un ingresso in maggioranza senza entrare neanche nel merito della riforma». D'Attore rincara le accuse quando gli si chiede se c'è una compravendita in corso. «C'è un pezzo del Pd che allo stato non è favorevole alla riforma e c'e l'opposizione che dice di essere contraria alla riforma. A fronte di questo, la maggioranza dice che i numeri ci sono. E c'è chi considera una fetenzia questa riforma e che, malgrado questo, dice di volere votare questo ddl per sostenere il governo Renzi», aggiunge D'Attorre.
Quello dell'esecutivo, sul tema delle riforme e del reclutamento dei senatori di altri gruppi, è «un atteggiamento profondamente sbagliato» continua D'Attorre. «Il governo, su materie costituzionali - spiega l'esponente dem - dovrebbe avere rispetto del ruolo del Parlamento. Dicono di avere i voti eppure parecchi nella maggioranza hanno espresso perplessità sulla riforma. E si cerca di ovviare a questo andando a cercare i voti di senatori del centrodestra. Le opposizioni lamentano una vera e propria compravendita di senatori? Io - prosegue D'Attorre - mi limito a verificare e constatare che ci sono contatti in corso. Naturalmente non so quale sia il contenuto di questi contatti, immagino che venga prospettato a questi senatori un ingresso nella maggioranza con tutto ciò che ne consegue a livello di incarichi, coinvolgimento, visibilità e quant'altro».
La replica è affidata a Emanuele Fiano: «Non abbiamo bisogno di altri voti, abbiamo quelli del Pd», dice prima della Direzione. Poche ore dopo il senatore di Forza Italia Francesco Amoruso lascia il gruppo e passa con i verdiniani, annunciando di voler votare le riforme. Con lui il numero dei senatori che hanno cambiato casacca tocca quota 111, ampiamente oltre un terzo degli eletti a Palazzo Madama.
Numeri impressionanti visto che in tutta la scorsa legislatura al Senato furono complessivamente in 60 a passare da un gruppo a un altro. Una cifra che potrebbe essere presto addirittura doppiato da questa irrefrenabile diaspora parlamentare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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