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E gli "sponsor" di Matteo scappano Soffre la cassaforte del rottamatore

Contributi in calo alla Fondazione Open. Va via pure Serra

E gli "sponsor" di Matteo scappano Soffre la cassaforte del rottamatore

Roma - Si fa dura la vita delle fondazioni politiche. Ne sa qualcosa il nostro presidente del Consiglio Matteo Renzi che dal gennaio del 2012 conta sul supporto della Fondazione Open. È questo il nome della «macchina da guerra» che funge da braccio operativo della Leopolda, la vetrina fiorentina del Renzi-pensiero. La Fondazione Open è partita bene. Anzi benissimo. Cresciuta, almeno nei finanziamenti ricevuti, di pari passo alla carriera dell'ex sindaco dello stesso capoluogo toscano, ora saldamente arroccato nelle stanze di Palazzo Chigi.

Però qualcosa si è rotto. Non soltanto è calata la fiducia degli italiani nell'opera del governo guidato dal rottamatore fiorentino (come attesta il sondaggio Tecnè del maggio scorso, commissionato da Tgcom 24 e che vede il premier perdere consensi con un calo di 6 punti rispetto al maggio del 2015). Si è raffreddato anche l'entusiasmo dei suoi maggiori sponsor. Il Fatto quotidiano ieri dava ampio risalto a un trend tutt'altro che promettente andando a leggere i dati pubblicati sul sito della fondazione. Rispetto al bilancio del 2014, come riporta il sito, l'anno appena passato ha visto un forte ridimensionamento dei contributi. Sia da parte delle persone fisiche che di quelle giuridiche. Nel 2015 sono stati raccolti in questo modo poco più di 487mila euro, cui si aggiungono altri 11mila euro di ricavi, portando tra l'altro la fondazione al rosso in bilancio. Nel 2014 i conti, invece, erano ben altri e i «regali» degli sponsor molto più consistenti visto che si superava la cifra di un milione e 184mila euro. Tra i più generosi restano l'armatore Vincenzo Onorato con 50mila euro a titolo personale e altri 100mila tramite la Moby srl, poi c'è la costante partecipazione della Britih American Tobacco che tra il primo luglio del 2014 al 30 giugno di quest'anno ha versato nelle casse della Fondazione Open 150mila euro.

Il giornale diretto da Travaglio poi sottolinea come anche i più fedeli araldi de Renzi-pensiero abbiano preso via via le distanze con la creatura gestita da Maria Elena Boschi, Luca Lotti, Marco Carrai e Alberto Bianchi. Il renziano di ferro in Commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, ha - per esempio - abbassato il suo appoggio economico alla cassaforte della Leopolda. Se nel 2013 aveva versato 10.400 euro, l'anno seguente aveva ridotto il suo aiuto a 8.800 euro. Salvo poi, una volta che Renzi era già inquilino da più di un anno di Palazzo Chigi, ridurre l'obolo a 6.400. Anzaldi resta comunque uno dei pochi a continuare a versare.

Altri renziani doc come Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd, Dario Nardella, sindaco di Firenze, e Simona Bonafè, europarlamentare, sono del tutto spariti dall'elenco pubblicizzato dal sito. Pure il contributo di un amico facoltoso del premier come il finanziere Davide Serra si è col tempo ridotto e dai 175 mila euro donati nel 2014 è passato a 50mila, meno di un terzo.

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