Guerra in Israele

Ecco perché i mercati hanno retto la nuova crisi

Molti si interrogano sul perché di fronte alla gravità dei fatti accaduti in Israele i mercati non abbiano reagito con crolli degli indici azionari e sacrificio dei prezzi

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Molti si interrogano sul perché di fronte alla gravità dei fatti accaduti in Israele i mercati non abbiano reagito con crolli degli indici azionari e sacrificio dei prezzi come di norma accade all'esplodere di conflitti in aree strategiche del globo. Sia chiaro, i grandi gestori finanziari hanno ben presente che gli orrori perpetrati dai terroristi di Hamas possono provocare una frattura reale dell'ordine internazionale, con conseguenze pesanti per l'economia mondiale. Ma dopo un anno e mezzo di guerra in Ucraina e quasi due anni di paralisi pandemica, i mercati e le imprese si sono in un certo senso assuefatti al disordine mondiale, convincendosi del fatto che più che subire, oggi conta saper reagire. Di qui una capacità accresciuta di assorbimento dei traumi più gravi, soprattutto da parte dei mercati che nel frattempo si sono attrezzati con strumenti di copertura dei rischi, anche normativi, capaci di stemperare gli effetti delle rotture più profonde.

Nessuno sottovaluta il pericolo di un allargamento a macchia d'olio del conflitto in Medio Oriente, ma nemmeno si vuole fasciare la testa prima del tempo. Paradossalmente, in questa fase agli occhi degli operatori contano più i dati sull'inflazione, le anticipazioni delle banche centrali sull'andamento dei tassi o le quotazioni del petrolio, piuttosto che altri market mover. Il che non impedisce che spinte speculative possano prevalere nei momenti più cruenti del conflitto qualora dovesse davvero allargarsi; ma l'idraulica dell'economia globale pur avendo ristretto negli ultimi tempi i suoi canali, a causa delle barriere erette dalle follie della guerra, è ormai tale da consentire una discreta tenuta degli scambi commerciali. Di qui la convinzione che le ferite possano richiudersi rapidamente, riducendo gli spazi d'azione dei fondi più aggressivi.

Tutto ciò è reso possibile anche grazie al contributo delle imprese, non solo le grandi, che a loro volta hanno dimostrato di saper comprendere questa nuova realtà fondata sull'incertezza, razionalizzando la loro esposizione debitoria oltre a diventare più flessibili attraverso l'adozione di strumenti che consentano di navigare in uno scenario completamente nuovo.

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