Cronache

Ecco perché Da Vittorio è il meglio in Lombardia (e Milano non si offenda)

Una visita al tristellato di Brusaporto diventa occasione per riflettere sugli stili dell'eccellenza

Ecco perché Da Vittorio è il meglio in Lombardia (e Milano non si offenda)

C i sono cene al ristorante che entusiasmano, che piacciono, che deludono, che divertono. Ci sono piatti da spiegare, da raccontare, da ricordare. Texture, contrasti, provocazioni, menu che si riassumono con una parola e altri che richiederebbero trattazioni kantiane (ma poi chi ha voglia di leggerle?).

E poi ci sono visite a un ristorante che ti fanno riflettere, e ti spingono ad andare oltre la semplice degustazione o, nel caso di chi come noi ha la fortuna di fare da cronista del gusto, la recensione.

Per esempio noi siamo stati di recente da Vittorio a Brusaporto, uno dei dieci ristoranti italiani con tre stelle Michelin. Ci siamo stati per la prima volta ed eravamo curiosi, perché più di una persona ce ne aveva parlato come del posto del suo cuore, come non si parlerebbe - ad esempio - dell'Osteria Francescana di Massimo Bottura e di locali di quella fatta. Locali geniali e avanguardisti che però non ti strappano il cuore perché sono nei paraggi della perfezione, e la perfezione in fondo un po' annoia.

Siamo arrivati da Vittorio, a Brusaporto, a una decina di chilometri da Bergamo, abbiamo cenato da soli e quando si è soli si ha un sacco di tempo per notare particolari e andare su quella app del nostro sistema operativo che si chiama Pensare.

E dopo un po' che vedevano scorrerci davanti piatti tutti onesti e nitidi e orgogliosamente italiani, dopo un po' che godevamo della danza bolshoviana della cucina e della sala, due corpi di ballo perfettamente coreografati, dopo un po' di tutto questo, ci siamo chiesti: che cosa ha questo posto di più e meglio degli altri? Ad esempio, perché è considerato il migliore ristorante della Lombardia (non ce ne voglia l'altro tristellato regionale, il Pescatore di Canneto sull'Oglio), ovvero della regione la cui scatola nera, Milano, vanta il meglio di tutto o quasi in Italia?

Ecco: Milano. Ha la scena gastronomica più vivace del Paese, per qualcuno addirittura d'Europa. Ha locali che aprono (e talora chiudono) a un ritmo che stordisce. È un laboratorio di tutti i format immaginabili (anche quelli che sarebbe meglio non immaginare), gli chef più famosi del Paese fanno a gara per aprire uno corner, un pop up, uno spin off ai Navigli o a Isola, vanta di gran lunga i migliori etnici d'Italia, molte pizzerie di alto livello e soprattutto cuochi di assoluta eccellenza come il vulcanico Andrea Aprea, il rigoroso Enrico Bartolini, la coppia Negrini-Pisani del Luogo di Aimo e Nadia, e il nostro preferito, il solare Antonio Guidel del Seta del Mandarin.

Eppure Milano non ha un tristellato e Brusaporto sì. Ohibò.

Del perché Milano non sia nel circolo dell'eccellenza (ma noi crediamo che presto entrerà) ne parleremo molro presto. Perché invece Da Vittorio abbia portato dapprima Bergamo e poi Brusaporto nel tom tom dei gourme è presto detto.

Perché ci si diverte.

Succede infatti che qui si coniughi l'altissima cucina (una sarabanda di finger food che è una specie di paradiso in tavola. E poi Uovo all'uovo e Tutto il mare nel risotto...) con gesti che trasformano la serata in festa: la mantecatura a vista dei celebri paccheri da parte del gigantesco Francesco Cerea con il cliente bardato da bavaglio è puro cinema. E poi i carrelli trionfali dei formaggi, delle tisane, della confetteria. Il personale che gira offrendo cannoncini da riempire in diretta o fette di dolci da credenza.

Abbiamo assisitito nella nostra carriera a cene liturgiche, a cene poetiche, a cene sorprendenti, a cene indimenticabili.

Spesso però non ci divertiamo e questo potrebbe essere un monito alla cucina italiana di alto livello.

Torniamo a godere. Chi l'ha detto che la qualità degli ingredienti e le tecniche sopraffine devono essere proposti sempre con il cipiglio del salvatore del mondo e mai con il sorriso dell'intrattenitore?

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