Guerra in Ucraina

Economia in crisi, prelievi forzosi per l'Armata rossa

Nel mirino i dividendi delle aziende statali. Gli 007 Usa: la Wagner a Bakhmut punta le miniere

Economia in crisi, prelievi forzosi per l'Armata rossa

Scavando nelle pieghe degli apparati russi, spuntano numeri e cifre che potrebbero dar ragione a chi, come Ursula Von der Leyen, nel maggio scorso spiegava come grazie alle sanzioni occidentali il fallimento di Mosca fosse questione di tempo. L'inasprirsi della guerra in Ucraina costa. E per finanziarla a oltranza, Vladimir Putin si appresterebbe a chiedere un contributo straordinario alle aziende della Federazione, continuando così a sostenere l'invasione. Ma c'è di più. Secondo Bloomberg, lo Zar pensa pure di tagliare le spese in vari settori dello Stato, per far convergere più risorse sul budget della difesa e della sicurezza.

Se non prelievi forzosi per coprire le spese militari, qualcosa di simile. A metà dicembre, il primo ministro Mikhail Mishustin ha messo a punto un decreto che prevede lo stacco di dividendi più alti da parte delle imprese a controllo statale: multinazionali come Lukoil, Gazprom e Rosneft; poi il pagamento di un «contributo» una tantum da aziende che operano nel carbone e producono fertilizzanti. Sforzo definito «mobilitazione delle entrate», con incassi che serviranno alla guerra. E a pagare i micidiali droni iraniani. Il calo del Pil nel 2022 è stato però del 2,7%, secondo il ministro delle Finanze Anton Siluanov, e potrebbe continuare. L'ammontare dei dividendi (si ipotizzano superiori al 50% degli utili) e della tassa una tantum è sconosciuto. E se finora il surplus di Mosca è stato alimentato dalle cedole e dalla tassa sugli extraprofitti di Gazprom, a dicembre le spese belliche hanno accresciuto il deficit al Cremlino.

Putin promette esborsi «senza limiti»; che intaccheranno Istruzione e Salute. Si parla di «ottimizzazione», nell'ordine governativo. Ma sono attesi tagli per 150 miliardi di rubli (circa 2 miliardi di euro) da reinvestire al fronte. E aleggia il rischio di crisi economica e sociale. Si prevede poi una spesa di 175 miliardi di rubli (circa 2,3 miliardi di euro) per ricollocare in Russia circa 100mila persone dalla regione di Kherson, nell'Ucraina meridionale riconquistata da Kiev. Territori lasciati in autunno, dopo averli annessi, per ammassare truppe nel Donbass.

Sul perché le operazioni della Federazione si siano concentrate così pervicacemente a Est, specie sulla città di Bakhmut (Donetsk), si sono interrogati gli 007 statunitensi. E una risposta è arrivata. In loco c'è uno dei fedelissimi di Putin, Yevgheni Prigozhin, l'oligarca creatore della milizia privata Wagner. È in prima linea nella cittadina ucraina: neppure 70mila anime ante guerra, Bakhmut oggi è preda della desolazione e dei combattimenti. Il motivo reale sarebbe l'interesse «pecuniario»; la conquista e la gestione delle miniere di sale e di gesso. A dichiararlo, è un funzionario statunitense (non smentito) citato da Reuters e dal Guardian. La fonte della Casa Bianca parla di «ossessione di Prigozhin per Bakhmut», dietro cui ci sarebbe il vil denaro. Con i mercenari in prima fila. E il gerarca a tirare le fila dell'agenda militare. Soprannominato «il cuoco di Putin» per i legami con lo zar, Prigozhin è molto di più. Pochi giorni fa descriveva la città come «una fortezza», in cui «i nostri si scontrano casa per casa». Ora è pronto ad alzare il livello di atrocità. Nuove reclute. Ex detenuti fatti uscire dalle carceri russe in cambio della grazia. D'altronde l'America ha più volte tacciato i prezzolati della Wagner, accusati di crimini di guerra, di inviare uomini in Mali, Sudan e Repubblica centrafricana proprio per sfruttare le risorse naturali, aiutando Putin a foraggiare la guerra. Altro che «liberazione», rivendicata dal portavoce del Cremlino Peskov appena un mese fa.

Quattrini, ferocia, stessi protagonisti.

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