I segreti della magistratura

Gli effetti del "Sistema". La scienziata distrutta dall'inchiesta a vuoto

Anche la Capua nel tritacarne della toga che cercava visibilità. Assolta dopo accuse orribili

Gli effetti del "Sistema". La scienziata distrutta dall'inchiesta a vuoto

A ottomila chilometri di distanza dall'Italia. A cinque anni dalla fine di un incubo. Oggi Ilaria Capua, la virologa che il mondo ci invidia, lavora in Florida. Di come nel 2014 pm e giornali la fecero a pezzi dipingendola come una spietata trafficante di virus vorrebbe dimenticarsi. Ma poi accade che le capiti in mano Il Sistema, il libro di Alessandro Sallusti e Luca Palamara sul lato oscuro della giustizia italiana. Ed è come una cicatrice che si riapre. Perché in un passaggio cruciale del libro si parla di un magistrato che la Capua conosce bene. Si chiama Giancarlo Capaldo, ed è il procuratore aggiunto della Repubblica che la incriminò per delitti terribili: «associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, all'abuso di ufficio e per il traffico illecito di virus». Scoprì di essere indagata da una copertina dell'Espresso. Non era vero niente. Per venire prosciolta, dovette aspettare due anni. Il giorno dell'assoluzione disse: «Mi sento sfregiata come se mi avessero buttato addosso l'acido. E certe ferite non se ne vanno».

Adesso la Capua dirige One Health, centro di eccellenza dell'Università della Florida. Ma quel nome, Capaldo, la riporta brusco di qua dall'Oceano. Cosa dice, Il Sistema, del magistrato romano? Semplicemente, di come nel 2011 fosse a un passo a diventare capo della Procura, e come la sua candidatura fosse stata azzerata da una soffiata alla stampa. Saltò fuori una sua cena con l'allora ministro dell'Economia Giulio Tremonti e il suo braccio destro Marco Milanese, coinvolto nell'inchiesta su Finmeccanica che Capaldo stava conducendo in quei giorni. Secondo Palamara, la soffiata fu opera di uno dei «cecchini», che spesso entrano in scena quando il Csm deve affrontare nomine importanti. Ma la scena surreale di Capaldo che nel bel mezzo di una inchiesta delicata si attovaglia con Tremonti e Milanese resta impressa. Capaldo ammette, il Csm apre un fascicolo, lui deve abbandonare l'inchiesta. Una decisione amara, anche se il Csm lo grazia e lo lascia al suo posto.

La passione per le indagini clamorose, però, fa parte del suo Dna. Un anno prima, nel 2010, sulle prime pagine è finita un'altra indagine di Capaldo: 56 arresti, nell'ordinanza di cattura viene definita «una delle frodi più colossali mai poste in essere nella storia nazionale». Nel mirino ci sono Sparkle, controllata da Telecom Italia, e Fastweb, stella della new economy. Il fondatore, Silvio Scaglia, si trova all'estero al momento della retata, torna in Italia spontaneamente per spiegare, invece Capaldo lo mette in galera. È imputato di riciclaggio, lo tengono per tre mesi a Rebibbia, un altro anno ai domiciliari. Però poi, nel 2013, arriva il processo. E Scaglia insieme a quattro manager di Sparkle e Fastweb viene assolto con formula piena. Per Capaldo è un uppercut al mento.

Il Sistema

Ma la riscossa è dietro l'angolo. Sul tavolo del procuratore aggiunto di Roma arriva un fascicolo dall'America, si parla dell'epidemia di aviaria del 2005 e delle dosi che il governo di allora (ovviamente a guida Berlusconi) comprò per fronteggiare il virus. Il boccone più ghiotto è fin dall'inizio Ilaria Capua: non è solo una scienziata di fama internazionale, ha fatto anche lo sbaglio di mettersi in politica, candidandosi con Mario Monti, è stata eletta e nominata sottosegretario alla Cultura. Tra i tanti nomi finiti nel registro degli indagati, è il suo - inevitabilmente - a finire sulle prime pagine.

Anche lì, come per il povero Scaglia, non c'è mezza prova. Ma anche lì prima che la giustizia ammetta i suoi errori ci vorranno due anni. Tanto non cambia mai niente, le fughe di notizie continuano, la vita delle persone continua a venire fatta a fette.

E quando la Capua prova a querelare il settimanale che l'aveva chiamata trafficante di virus si sente rispondere dal giudice che il «testo dell'articolo è una fedele ricostruzione delle risultanze investigative acquisite dalla procura della Repubblica di Roma». Tutte sbagliate, ma che importa?

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