Renzi «rifila» due ceffoni al Pd e minaccia di spedire Carlo Calenda nel gruppo Misto a Palazzo Madama in compagnia del partito di Fratoianni e Bonelli. Al Nazareno l'effetto Schlein si vede. Eccome. Dopo Andrea Marcucci, piomba un altro addio pesante (e inaspettato) tra le file dei democratici: il senatore Enrico Borghi saluta.
Un'uscita che fa rumore: Borghi è il numero due del Copasir. Ma soprattutto il braccio destro di Enrico Letta dai tempi della Margherita. Come per Marcucci, parlamentare con 4 legislature alle spalle ed ex capogruppo a Palazzo Madama, anche per Borghi la destinazione è la stessa: Italia Viva. I renziani, dopo lo strappo con Calenda, sembrano rinati. Per Schlein, l'addio di Borghi è un colpo durissimo che potrebbe innescare un effetto slavina nella corrente di Base Riformista, la componente che fa capo all'ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini. L'ala moderata è in forte sofferenza. Borghi, piemontese d'origine, è in Parlamento dal 2013. Ha iniziato la militanza politica prima nel Ppi e poi nella Margherita. Al congresso del 2017 ha sostenuto Matteo Renzi ed è stato tra gli ispiratori nel 2021 del rientro in Italia di Enrico Letta dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti. All'indomani della vittoria di Schlein aveva provato a creare un ponte tra la segretaria e l'ala moderata con la componente dei Neo Ulivisti di cui Borghi faceva parte. Missione fallita. Un alto dirigente del Pd si sfoga al Giornale: «Anche l'area ex Ds (vedi Cuperlo) è in forte crisi rispetto alla gestione Schlein. Ha messo ai vertici del partito gente che viene da partitini dell'1% come Articolo Uno e Sel».
Dai fedelissimi della segretaria Pd partono reazioni scomposte: «Borghi viene meno, al contempo, all'impegno assunto appena pochi mesi fa coi nostri elettori alle elezioni politiche, con gli elettori che hanno votato alle primarie del Partito Democratico e con tutta la comunità democratica» - sbrocca Marco Meloni.
Nel Pd si azzardano le scommesse sui prossimi addii. De Luca? Romano (che invece dichiara amore eterno alla «riformista» Schlein)? Guerini? Renzi si gode la vittoria e si presenta baldanzoso in conferenza stampa al fianco del neo acquisto: «Con questo gesto di Borghi il Terzo Polo è più forte e questo fa bene all'Italia» - precisa il leader Iv.
Borghi spiega le ragioni dell'addio: «La notte del 26 febbraio il Pd ha fatto una mutazione genetica».
Analisi che Renzi sposa in pieno: «Il mondo del cattolicesimo democratico non può sentirsi a casa con chi parla di GPA e dice pure che è una posizione personale senza assumersi la responsabilità di una posizione politica».
Ora in Italia Viva si ragiona sugli scenari: i riformisti del Pd se li stanno prendendo loro e non Azione (Marcucci che ha rotto per primo il tabù e ora Borghi, che era in segreteria con Letta e che è nel Copasir). Ma c'è un altro elemento che tira a mille il morale dei renziani: con l'arrivo di Borghi si centra l'obiettivo del sesto senatore, il che consentirebbe per regolamento Senato di fare gruppo autonomo scaricando Azione e Gelmini nel gruppo misto. «Ovviamente - fanno sapere fonti Iv - non lo vogliamo fare, ma è una spada di Damocle sulla capoccia di Calenda. Inoltre Renzi è sempre più convinto che l'accordo per le Europee con lista comune Terzo Polo e +Europa si farà, e sarà Calenda a chiederlo». L'autosufficienza Iv mette Calenda sul banco degli imputati. La tempistica della rottura diventa terreno di scontro in Azione. Renzi però tranquillizza l'ex socio: «Non rompiamo i gruppi».
E annuncia. «Ci saranno altri arrivi dal Pd». Il rottamatore è ritornato mattatore. Rumor intanto danno Caterina Chinnici, europarlamentare dem, verso Forza Italia. Annuncio possibile alla convention azzurra del 5 maggio.
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