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Elezioni, ecco gli obiettivi segreti dei partiti: Il Pd lotta per il secondo posto, derby Lega-Fi

In Lombardia la sfida dentro il centrodestra. E il Terzo polo sogna il podio

Elezioni, ecco gli obiettivi segreti dei partiti: Il Pd lotta per il secondo posto, derby Lega-Fi

Se per il centrodestra l'obiettivo dichiarato è vincere uniti e per centrosinistra è provare ad azzoppare il governo scongiurando una doppia vittoria, c'è poi un secondo livello di obiettivi non dichiarati dai partiti. Nella maggioranza c'è una competizione tra gli alleati, soprattutto in Lombardia, patria della Lega e di Forza Italia. Nell'opposizione c'è la sfida tra Pd e Movimento Cinque Stelle per il podio di secondo partito nazionale e primo partito dell'opposizione, a cui si sovrappone una sfida all'interno dello stesso Pd tra candidati pro-Bonaccini e pro-Schlein alla vigilia del congresso.

Poi c'è il Terzo polo, che già alle politiche di settembre puntava ad un exploit ma che stavolta si può giocare la carta Moratti per insidiare il voto moderato lombardo e milanese. L'obiettivo non dichiarato di Renzi e Calenda è quello di superare Forza Italia in Lombardia, e sia Fi che Lega nel Lazio (dove però i terzopolisti sono convinti di essere penalizzati dall'alleanza con il Pd). Fratelli d'Italia poi gioca non tanto per confermare la supremazia nella coalizione e lo scettro di primo partito italiano, dati per scontati, ma per dimostrare che le prime grane dei cento giorni di governo non hanno intaccato il consenso di Fdi. Per la Meloni è importante anche il risultato di Francesco Rocca, il candidato che ha scelto lei nel Lazio. Lo spettro è quello delle comunali di Roma, dove il candidato in quota Meloni, Enrico Michetti, fece flop. Ma gli ultimi sondaggi sul Lazio erano incoraggianti.

Se nella coalizione di centrodestra gli equilibri interni si giocano sostanzialmente in Lombardia vista la sproporzione di forze nel Lazio tra Fdi e i due alleati, per l'altro fronte vale l'esatto contrario, è nel Lazio la sfida, dal momento che i grillini in Lombardia non hanno mai toccato palla e, proprio per questo, si sono accodati al Pd sostenendo il suo candidato Majorino (anche per nascondere il possibile flop dietro a quello dei dem, scaricando le colpe sul candidato Pd).

Nel Lazio invece la partita Pd-M5s è aperta. Se il M5s superasse i dem, in una regione in cui il Pd ha costruito un sistema di potere dopo due mandati di Zingaretti (e la tela di Bettini dietro di lui), per Conte sarebbe la legittimazione della sua linea e della leadership nel Movimento, messa in discussione dai non contiani che, appunto, fanno capo al partito romano e laziale: la Raggi e la Lombardi (mai viste in campagna elettorale, infatti). Per il Pd invece sarebbe una nuova batosta. I risultati del centrosinistra nelle due regioni serviranno anche per vedere se l'alleanza con i grillini (messa in campo in Lombardia, ma non nel Lazio) porta voti al Pd o li toglie, come sostengono rispettivamente due opposte fazioni dem. Ancora più a sinistra, cioè nelle «frattaglie» (definizione di Calenda) rappresentate da Verdi e Sinistra Italiana, si vedrà se il caso Soumahoro ha avuto un peso anche sul loro elettorato.

Fronte centrodestra. L'asticella è quella delle politiche di settembre. Tradotto: per Forza Italia dal 7% in su sarebbe un buon risultato, per la Lega l'obiettivo è non scendere sotto il 13% in Lombardia, per Fdi l'asticella del successo è la soglia del 30%. Le sfide sono incrociate. Azzurri e leghisti si contendono il posto di numero due della coalizione. Ma insieme hanno interesse a contenere l'esplosione del meloniani in Lombardia, regione molto ricca e con assessorati pesanti da assegnare dopo il voto. Le piazze calde in Lombardia sono le roccaforti leghiste (Varese, Bergamo), poi Brescia dove la calendiana Gelmini ha un suo feudo elettorale che può dare fastidio soprattutto ai forzisti, e quindi Milano e Monza, le due città di Silvio Berlusconi.

Su tutto incombe però l'incognita astensione.

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